Il PIL è la misura del valore del prodotto realizzato in un Paese sulla base dei redditi percepiti dai lavoratori, dei consumi delle famiglie, delle entrate e uscite del debito pubblico, delle relazioni economiche con il resto del mondo.
Il PIL in realtà non è una misura integrale di benessere, ma misura la produzione di beni e servizi di un’economia con riferimento a un dato periodo di tempo.
Esso è il valore di mercato di tutti i beni e i servizi finali prodotti nell’economia ovvero la somma del valore aggiunto (valore della produzione – valore dei beni intermedi), o dalla somma dei redditi dell’economia (imposte indirette + redditi da lavoro + redditi da capitale).
È un buon indicatore del livello dell’economia in quanto facilmente confrontabile a livello internazionale.
Il PIL è indicatore della solidità finanziaria ed economica di un paese con riferimento al debito pubblico.
Presenta limiti in quanto non tiene in considerazione variabili di rilievo quali il lavoro domestico, il lavoro del volontariato, e non considera il modo in cui si attua la distribuzione della ricchezza e del reddito tra la popolazione.
Rientrano nel PIL anche i costi per la difesa da danni alle persone, quali le spese per la depurazione, per gli incidenti, le spese sostenute per riparare danni provocati dallo sviluppo quali inquinamento, malattie.
Il PIL non considera tutte le attività che pur non registrando flussi finanziari contribuiscono ad accrescere il benessere di una società (casalinghe, volontariato).
L’United Nation Development Programme UNDP delle Nazioni Unite ha proposto la costituzione dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI- ISU).
L’ISU è composto di tre indicatori che misurano per ogni paese la speranza di vita alla nascita, l’alfabetizzazione della popolazione come anni medi di istruzione, il reddito nazionale lordo.
Il GPI (Genuine Progres Indicator o Indicatore di Progresso Autentico) è il differenziale tra spese positive che aumentano il benessere con la disponibilità di beni e servizi e spese negative quali i costi dell’inquinamento, criminalità, incidenti stradali.
Il GNH (Gross National Happiness, Indice della Felicità Interna Lorda) tiene conto dei bisogni di natura materiale, spirituale ed emozionale dell’uomo e prende in considerazione nove domini quali il tenore di vita, salute, istruzione, uso del tempo, buon governo, diversità ecologica, benessere psicologico, vitalità della collettività, diversità culturale.
L’OCSE ha proposto una misura composta denominata Better Life Index sulla base di 11 indicatori su vari aspetti del benessere e cioè reddito, lavoro, condizioni abitative, istruzione, ambiente, relazioni sociali, impegno civico, salute, sicurezza, conciliazione dei tempi di vita, soddisfazione di vita.
Una sollecitazione istituzionale è venuta dalla Commissione Eu nel 2009 con l’approvazione di una comunicazione nel PIL e le misure del progresso mettendo in luce la necessità di misurare meglio il progresso completando il PIL con indicatori ambientali e sociali, utilizzando a sostegno del processo decisionale informazioni adeguate su distribuzione e diseguaglianze, dati da far confluire in un ampliamento della tradizionale contabilità nazionale.
Nel tempo si è consolidata l’esigenza di disporre di una misura relativa non solo al benessere economico ma più complessivamente al benessere sociale inteso come un ottimo livello di vita caratterizzato da una equa distribuzione tra tutti i componenti della società e con riferimento a tutti gli aspetti del vivere civile.
Alcuni anni fa la ricerca di un nuovo indicatore del progresso è stata affidata dal Presidente Sarkozy ad una Commissione presieduta dal Premio Nobel Stiglitz ed alla quale hanno partecipato anche altri autorevoli Premi Nobel tra cui Amartya Sen.
La Commissione ha presentato un rapporto con 12 raccomandazioni per misurare il progresso di un Paese: Nel valutare il benessere materiale si guardi al reddito e ai consumi piuttosto che alla produzione; Si enfatizzi il punto di vista delle famiglie; Si considerino reddito e consumi assieme alla ricchezza; Si dedichi più attenzione alla distribuzione del reddito, del consumo e della ricchezza; Si estendano le misure del reddito alle attività non di mercato; Si migliori la valutazione di sanità, istruzione e condizioni ambientali, sicurezza, democrazia; Si valutino le disuguaglianze; Si realizzino indagini per capire i legami tra i differenti aspetti delle qualità della vita; Si crei una misura sintetica della qualità della vita; Si integrino nelle indagini sulla qualità della vita dati sulla percezione individuale della propria esistenza; Si valuti la sostenibilità del benessere con un insieme di indicatori appropriati; Gli aspetti ambientali della sostenibilità devono essere valutati separatamente.
Nel 2010 l’ISTAT e il CNEL alla luce del dibattito creato intorno alla parzialità del PIL quale indicatore del benessere di un Paese hanno promosso un’iniziativa congiunta per la misurazione del Benessere Equo e Sostenibile in Italia.
Bisognava integrare indicatori economici, sociali ed ambientali con alcune misure di diseguaglianza e sostenibilità.
Il benessere doveva essere il risultato multidimensionale della qualità della vita dei cittadini, l’equità doveva porre attenzione alla distribuzione delle determinanti del benessere tra le persone.
Si sarebbe dovuto prendere in conto la sostenibilità che avrebbe dovuto rappresentare una misura di garanzia di benessere a vantaggio delle generazioni future.
Con una procedura che ha previsto un’ampia consultazione ISTAT e CNEL sono pervenuti alla definizione di 12 domini ovvero degli ambiti specifici utili a definire la dimensione del benessere.
Sono stati adottati 9 domini relativi alle esperienze estere già consolidate e altri 3 domini per descrivere aspetti specifici della realtà italiana.
La scelta degli indicatori ha riguardato fenomeni e dati oggettivi e soggettivi.
I Domini scelti sono stati ambiente, salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni.
Il primo Rapporto BES per l’Italia è stato pubblicato nel 2013.
Il BES 2014 si basa sull’analisi dei 12 domini del benessere in Italia con 134 indicatori, confrontabili con quelli contenuti nel BES 2013.
Ogni capitolo propone una lettura dei fenomeni nel tempo e nei territori del Paese e nel confronto con gli altri paesi eu.
Si guarda alle differenze esistenti su genere, età e territorio.
Il BES è rilevante anche a livello territoriale come sistema di rendicontazione alle popolazioni interessate alla conoscenza del livello di sviluppo raggiunto.