Bretton Woods alle quali presero parte tutti i paesi nella guerra contro la Germania, Italia e Giappone diede luogo ad accordi di cooperazione multilaterale ed organismi internazionali riconosciuti per garantire uno sviluppo ordinato dell’economia mondiale.
Venne creato il FMI e la Banca Mondiale e l’ITO (International Trade Organization) per la regolamentazione del Commercio internazionale che non vide mai la luce per il rifiuto USA di ratificare gli sviluppi che erano stati raggiunti con la Carta de L’Avana nella quale venivano fissate le regole per un rilancio del commercio mondiale.
Dagli accordi di Bretton Woods del 1944 i paesi vincitori della guerra avviarono trattative multilaterali per ridurre gli ostacoli al commercio internazionale, che hanno originato nel GATT (General Agreement on Tariffs and Trade).
Venne approvata la Clausola della “Nazione più favorita” (Most Favoured Nation, MFN) in base alla quale veniva adottata una regola di non discriminazione nel commercio internazionale per la quale se un paese aderente all’accordo riconosce alle importazioni provenienti da un altro Stato un trattamento favorevole, deve applicarlo agli altri Paesi aderenti.
Il GATT ha operato con “round”.
A conclusione del Round a Marrakech sono stati firmati tre accordi e cioè il GATT accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio, il GATS (General Agreement on Trade in Services) sul commercio dei servizi ed il TRIPS (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) sugli aspetti commerciali dei diritti sulla proprietà intellettuale (brevetti, marchi, copyright ed invenzioni industriali).
I Principi del GATT sono la trasparenza e non discriminazione della reciprocità.
Effetti del GATT: i livelli medi dei dazi sui prodotti industriali diminuirono e i temi in discussione si sono ampliati anche se riflettono l’interesse dei paesi sviluppati.
I paesi in via di sviluppo (LDC) in base all’Art. XVIII del GATT hanno accesso preferenziale ai mercati dei paesi più sviluppati nella possibilità di misure più restrittive sulle importazioni.
I paesi in via di sviluppo hanno avuto scarso peso nelle decisioni del GATT per una modesta possibilità di proposte contrattuali.
Le trattative del GATT hanno coinvolto USA e CEE.
I paesi sviluppati si sono confrontati sulle possibilità di maggiore accesso ai mercati degli altri paesi sviluppati.
Gli argomenti centrali hanno riguardato i dazi sulla manifattura mentre trascurati sono stati il tessile e agricoltura temi di maggior interesse per i paesi in via di sviluppo che negli anni ’80 hanno fatto registrare una partecipazione più attiva e incisiva all’Accordo.
L’Organizzazione mondiale del commercio OMC è stata istituita con gli Accordi di Marrakech del 1994 a conclusione dell’Uruguay Round.
Ha trasformato il precedente GATT del 1947 in un’organizzaz internazionale con personalità giuridica entrata in vigore nel 1997.
L’OMC ha organi decisionali, rappresentativi degli Stati membri (Conferenza ministeriale, Consiglio generale e Comitati) ed organi amministrativi (Direttore generale e Segretariato).
L’OMC ha una vocazione universale e ne fanno parte 160 Stati + 20 paesi osservatori e prevede la liberalizzazione del commercio mondiale.
La partecipazione degli Stati comporta l’accettazione di GATT, GATS (commercio servizi), TRIMS (investimenti), TRIPs (proprietà intellettuale) e di risoluzione delle controversie (DSU).
L’OMC è la sede nella quale i paesi aderenti negoziano gli accordi multilaterali per i prodotti previsti nel Trattato e la sede per realizzare accordi e risolvere controversie.
L’OMC è una discussione della normativa ed un organismo per la risoluzione delle controversie.
Nell’assunzione delle decisioni dell’OMC, a differenza di altre organizzazioni internazionali nelle quali si adottano le regole “un paese un voto” o “voto ponderato”, vige la regola del consenso per molte decisioni, secondo cui non è prevista unanimità delle decisioni ma si prevede che nessun membro possa ritenere una decisione talmente inaccettabile da poter obiettare.
E’ un metodo che spinge verso una più ampia condivisione delle decisioni ma che rende lunghe le procedure.
Dopo la Conferenza di Marrakech si è aperta un nuovo round negoziale a Doha in Qatar nel 2001, non raggiungendo un risultato definitivo nell’OMC si risolve la questione cinese con l’ingresso della Republic Popolare di China e di Taiwan.
L’area di maggiore contenzioso nel negoziato di Doha è quella del commercio agricolo con riferimento al protezionismo dei paesi sviluppati a cui si oppongono i paesi in via di sviluppo che poggiano il loro commercio su tale produzione.
Allo stato l’evoluzione del round di Doha appare problematica con osservazioni degli Stati Uniti e dell’Ue che sollecitano verso nuovi obiettivi dell’OMC.
Mentre si chiariscono i termini di dibattito l’Ue sollecita attenzioni per l’inclusione di problematiche nuove quali quelle sul commercio digitale.
Nell’economia globalizzata sono in sofferenze gli accordi multilaterali quali il Doha Round sostituito da grandi accordi regionali bilaterali che mettono insieme gruppi di paesi affini.
Emerge la crisi della liberalizzazione dei commerci su scala mondiale e il risorgere di protezionismi nazionalistici.
Nel quadro evolutivo degli strumenti del commercio internazionale il TTIP è un accordo commerciale di libero scambio in negoziazione tra USA e Ue che sancisce l’apertura degli USA alle imprese dell’Ue, la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese esportatrici.
Il Trattato impegna i 50 Stati degli USA e i 28 Paesi dell’UE con un riferimento a oltre il 40% del PIL mondiale e dovrà essere approvato dal Parlamento Eu.
Il TTIP è un accordo commerciale e per gli investimenti con obiettivo di aumentare gli scambi e gli investimenti tra l’UE e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato transatlantico, generando opportunità di creazione di posti di lavoro e di crescita con un maggiore accesso al mercato e migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali.
Le aree principali di intervento riguardano l’accesso al mercato, gli ostacoli non tariffari e le questioni normative.
Il TTIP prevede l’eliminazione di tutti i dazi sugli scambi bilaterali di merci, misure antidumping e di salvaguardia, liberalizzazione dei servizi, liberalizzazione degli appalti pubblici, tutela degli investimenti con arbitrato internazionale stato-imprese.
Contrariamente alle questioni normative e agli ostacoli non tariffari il trattato si propone di rimuovere gli ostacoli agli scambi e agli investimenti, compresi gli ostacoli non tariffari esistenti, raggiungendo un livello di compatibilità normativa in materia di beni e servizi, anche con il riconoscimento reciproco, l’armonizzazione e il miglioramento della cooperazione tra autorità di regolamentazione.
Le barriere non tariffarie sono misure adottate da un mercato per limitare la circolazione di merci e non consistono nell’applicazione di tariffe ma altri limiti quali quantitativi o contingentamenti di beni che possono essere importati, barriere tecniche e di standard.
Nel trattato vengono affrontate questioni normative, ma anche le norme sul miglioramento della qualità normativa e regole globali, un’attenzione a diritti di proprietà intellettuale, agli scambi di merci rispettose dell’ambiente e a basse emissioni di carbonio.
Vengono poi proposte disposizioni su «controlli efficaci, misure antifrode su antitrust, fusioni e aiuti di Stato», ma anche la questione dei monopoli di stato, delle imprese di proprietà dello stato e delle imprese cui sono stati concessi diritti speciali o esclusivi.
In tema di questioni normative il trattato disciplina le questioni dell’energia e delle materie prime connesse al commercio, le disposizioni sugli aspetti del commercio che interessano le PMI.
Le disposizioni sulla liberalizzazione dei pagamenti correnti e dei movimenti di capitali gli studi promossi dalla Commissione eu sul Trattato fanno emergere posizioni favorevoli al TTIP sul possibile incremento degli scambi tra le aree contraenti verso USA per la presenza di dazi più bassi, una stimata crescita del PIL con effetti su concorrenza, innovazione e tecnologia e benefici derivanti dalla semplificazione amministrativa in termini procedurali e di costi.
Dal TTIP deriverebbero ai paesi eu una creazione di posti di lavoro e un rilancio della crescita, una riduzione dei prezzi per i consumatori con una scelta più ampia dei beni.
Occorre identificare posizioni divergenti nella valutazione del Trattato da considerare nella fase negoziale.
Bisogna che i prodotti importati nell’UE tengono conto del livello elevato di standard che proteggono la salute dei cittadini e la qualità dell’ambiente e apportano benefici alla società.
I governi possono adottare norme che proteggono le persone e l’ambiente e che consentono una libera gestione dei servizi pubblici.
Le principali critiche sul negoziato riguardano la mancanza di trasparenza, la valutazione di inattendibilità delle stime dell’impatto dell’accordo, l’individuazione di normative al ribasso nell’interesse delle imprese e non dei consumatori/cittadini.
Ci sono poi criticità nel mercato del lavoro e alcuni settori come per l’agricoltura eu, e una posizione di svantaggio per le PMI rispetto alle multinazionali.
Rischi per i consumatori: i principi su cui sono basate le leggi eu sono diversi da quelli degli Stati Uniti (principio di precauzione, possibilità di ricorso collettivo o class action, indennizzazione monetaria, questione degli OGM, obbligo di etichettatura del cibo, uso del fracking per estrarre il gas, protezione dei brevetti farmaceutici).
I negoziati sarebbero orientati alla privatizzazione dei servizi pubblici con rischi su welfare, salute, educazione mentre sono ravvisate minacce a libertà di espressione su internet o privazioni agli autori della libertà di scelta sulla diffusione delle loro opere.
Posizioni contrarie al trattato emergono sulla clausola ISDS, Investor-State Dispute Settlement che prevede la possibilità per gli investitori di ricorrere a tribunali terzi in caso di violazione, dallo Stato destinatario dell’investimento estero, delle norme di diritto internazionale in materia di investimenti.
Le aziende potrebbero opporsi alle politiche sanitarie, ambientali, di regolamentazione della finanza o altro attivate nei paesi reclamando interessi davanti a tribunali terzi, qualora la legislazione di quei singoli paesi riducesse la loro azione e i loro futuri profitti.
Il negoziato è lungi dall’essere concluso per il mancato consolidamento di una chiara posizione eu che tenga conto degli interessi dei 28 paesi dell’UE, e per i cambiamenti sugli esiti elettorali per la Presidenza degli Uniti.
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