La politica economica eu è l’applicazione più concreta del paradigma economico dominante.
È la risultante del confronto di interessi tra i partner nell’interlocuzione e il resto del mondo nelle sue aggregazioni partendo dall’iniziale G7 costituito da Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, allargata alla Russia nel G8, per crescere nel tempo dopo le necessità di maggiore internazionalizzazione come risposta alle crisi internazionali.
Il G20 è costituito dagli originali G7 ai quali si sono aggiunti l’Ue, i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e altri paesi che rappresentano oltre due terzi del PIL, del commercio e della popolazione mondiale.
L’assetto istituzionale della politica economica eu si fonda sulla separazione tra la politica fiscale e monetaria, nella gestione delle politiche fiscali per il contenimento della spesa, una politica monetaria che tenga costante la crescita dei prezzi, una politica monetaria unica ed una politica fiscale degli Stati fondata sulla disciplina di bilancio.
Limiti del modello di sviluppo per la difficoltà di tenere conto dell’ipotesi non sempre raggiungibile di una tendenza verso situazioni di pieno impiego delle capacità produttive e del lavoro pur tenendo conto della disoccupazione frizionale, della capacità previsiva dei mercati finanziari di anticipare l’andamento dell’economia.
La crisi si è amplificata con le banche con una minore concessione del credito con una conseguente carenza di domanda aggregata.
La crisi si è espressa diversamente tra i paesi secondo la fragilità e il peso della politica monetaria.
I paesi PIIGS o GIPSI (cinque paesi dell’Ue più deboli economicamente Portogallo, Italia, Grecia, Irlanda e Spagna) possono intervenire per il controllo dell’indebitamento e della competitività con tagli salariali e riduzione dell’intervento pubblico con il risultato di determinare effetti ancora peggiori con un meccanismo per cui più diminuisce il PIL più cresce il debito.
Lo sbilancio fiscale e lo spread sono sintomi della fragilità e non causa.
La severità delle crisi ha portato a interrogarsi sulla necessità di sciogliere il dilemma politica eu restrittiva o autonomia delle politiche economiche nazionali cercando meccanismi decisori più democratici e partecipativi.
Diverso è chi si schiera per l’unione politica.
Il trilemma eu è come conciliare democrazia, globalizzazione e autonomia di gestione della politica economica a livello nazionale.
Il Trattato di Lisbona definisce la governance della politica economica eu e gli impegni degli stati membri; rafforza la politica monetaria ed impegna gli Stati ad attenersi agli orientamenti di massima per le politiche economiche espressi sotto forma di raccomandazioni adottate dal Consiglio.
Gli Stati devono rispettare il Patto di stabilità e di crescita che prevede il controllo dei deficit pubblici e l’obbligo di rispetto del limite massimo del debito pubblico e del controllo del deficit delle amministrazioni pubbliche.
La sorveglianza sugli impegni è effettuata dalla Commissione e dal Consiglio e in caso di inadempimento la Commissione rivolge un avvertimento.
Il Consiglio può rafforzare l’avvertimento con una raccomandazione nei confronti dello Stato membro.
Il Trattato di Lisbona conferma la politica monetaria e istituisce la BCE affidando al Parlamento potere di modifica dello statuto della BCE che diventa Istituzione dell’UE.
Il Trattato conferma la competenza esclusiva dell’UE in materia di politica monetaria per i Paesi che hanno adottato l’Euro, e prevede l’istituzione dell’Eurogruppo costituito dal coordinamento di 19 Paesi comunitari che adottano l’Euro e che partecipano al coordinamento e vigilanza della disciplina di bilancio, all’elaborazione di orientamenti delle politiche economiche per l’euro.
Gli orientamenti dell’EU vanno ricercati nella raccomandazione 2010/410/UE del Consiglio del 2010 propone la Strategia Eur 2020 per raggiungere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva tenendo conto della sostenibilità delle finanze pubbliche e della stabilità macroeconomica degli Stati membri, che devono rispettare il Patto di stabilità e di crescita per conseguire gli obiettivi strategici prestando attenzione ai mercati mobiliari e ai bilanci delle famiglie.
L’Eu con questi orientamenti ha adottato una strategia di crescita intelligente (smart): economia basata sulla conoscenza e creatività.
L’impegno è posto su ricerca e tecnologia anche con la promozione dell’innovazione la crescita deve implicare un uso sostenibile dell’energia e delle risorse naturali con politiche rispettose dell’ambiente.
La crescita deve essere inclusiva garantendo l’accesso equo all’economia per tutti che possano trovare beneficio dal buon andamento dell’economia e dei mercati.
Gli stati membri debbono garantire il rispetto delle norme del mercato unico e della concorrenza e una migliore regolamentazione dei mercati finanziari che ne consentono il buon funzionamento.
Il Consiglio eu di Amsterdam del 1997 ha adottato il Patto di stabilità e di crescita (PSC).
Gli Stati membri devono rispettare l’obiettivo a medio termine di un saldo di bilancio vicino al pareggio o attivo.
I membri devono rendere pubbliche le raccomandazioni rivoltegli dal Consiglio.
S’impegnano ad adottare i provvedimenti correttivi di bilancio necessari per conseguire gli obiettivi dei loro programmi di stabilità o di convergenze a procedere agli aggiustamenti correttivi che ritengano necessari non appena ricevano informazioni sul rischio di un disavanzo eccessivo correggeranno al più presto eventuali disavanzi eccessivi.
Con il Patto gli Stati s’impegnano a non appellarsi al carattere eccezionale di un disavanzo conseguente ad un calo annuo del PIL inferiore al 2%, a meno che non registrino una grave recessione (calo annuo del PIL reale di almeno 0,75%).
La Commissione può esercitare il diritto d’iniziativa così da agevolare il funzionamento rapido ed efficace del PSC; ed è tenuto a presentare le relazioni, i pareri e le raccomandazioni necessari per consentire al Consiglio di adottare le sue decisioni.
La Commissione redige una relazione quando c’è rischio di un disavanzo eccessivo o quando il debito pubblico previsto o effettivo supera il valore di riferimento del 3
% del PIL e a presentare al Consiglio i motivi giustificativi della sua posizione quando ritenga non eccessivo un
disavanzo superiore al 3% .
Il Consiglio deve attuare tutti gli elementi del patto di sua competenza, deve considerare come termini massimi le scadenze previste per l’applicazione della procedura riguardante i disavanzi eccessivi; deve applicare le sanzioni previste.
Se un membro non prende i provvedimenti, deve esporre per iscritto i motivi giustificativi della sua decisione.
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