Modello Mundell e Fleming – La politica economica nel breve periodo
Il modello di Mundell Fleming è un modello di statica comparata e di breve periodo: considera stabili i prezzi, anche in caso di politiche monetarie espansive, nel breve periodo; non considera le ipotesi delle aspettative razionali (le aspettative sono date e non variano al variare delle politiche economiche del Governo); le soluzioni ottime nel breve periodo non è detto che lo siano nel medio e lungo; non considera gli effetti della crescita del debito estero sul saldo delle partite correnti (non considera il costo per gli interessi pagati sul bilancio dello Stato che si indebita, solo nel breve termine) riguarda una nazione piccola.
Il modello può applicarsi solo alle economie di Nazioni non in grado di influenzare le variabili internazionali quali: il reddito estero; i prezzi internazionali delle merci; il tasso di interesse medio mondiale.
Oggi la maggior parte del commercio internazionale avviene tra tre grandi aree: Eu, USA, BRICS.
Occorre integrare il modello IS–LM, che si riferisce ad un’economia chiusa, considerando anche l’equilibrio con l’esterno; è uno strumento della politica economica utilizzabile nel breve termine e ci fornisce indicazioni utili sulle politiche macroeconomiche più idonee in determinate situazioni internazionali.
La questione di raggiungere l’equilibrio interno ed esterno si presenta in termini diversi a seconda: delle norme vigenti internazionali (sul commercio internazionale; sulle migrazioni delle persone; sui movimenti di capitale); del regime di cambi vigente internazionale.
La politica economica per conseguire contemporaneamente un incremento del reddito nazionale con prezzi stabili e l’equilibrio della bilancia dei pagamenti dipende dal quadro internazionale delle relazioni esistenti.
Nella storia si è assistito ad un aumento della mobilità dei capitali, sia a livello mondiale che regionale.
Dobbiamo a Mundell e Fleming se il modello IS–LM è stato esteso anche a un’economia aperta agli scambi con l’estero.
L’equilibrio tra risparmio e investimento è determinato nei classici dal tasso di interesse e in Keynes dal reddito.
Anche Keynes considera il risparmio una funzione crescente del reddito e il suo modello è indeterminato perché non formalizza questo aspetto.
Su questa base abbiamo costruito un sistema di equazioni che considerasse tutti questi aspetti e tenesse conto un’economia semplificata senza rapporti con l’estero.
Qui il risparmio è funzione sia del reddito che del tasso di interesse: cresce al crescere del reddito e al crescere del tasso di interesse.
S=S(+Y,+i) dove, a differenza della teoria classica, il risparmio dipende anche dal reddito e non solo dal tasso di interesse corrente sul mercato; a differenza della teoria keynesiana, il risparmio dipende anche dal tasso di interesse di mercato, oltre che dal reddito.
I=I(-i) l’investimento è funzione del tasso di interesse.
Classici e Keynesiani su questo concordano.
Semplificazione: data una determinata curva dell’EMK (efficienza marginale capital) di un Paese in un certo momento storico, consideriamo l’investimento dipendente solo dal tasso corrente di mercato.
In un’economia aperta, la domanda globale di una nazione non dipende solo dai consumi e dagli investimenti interni e dalla spesa pubblica, ma anche dalla domanda estera di prodotti interni, cioè dalle esportazioni.
Il reddito percepito non viene distribuito solo tra consumo e risparmio, ma anche in consumi di beni e servizi prodotti all’estero.
Se cerchiamo la condizione di equilibrio tra reddito percepito e domanda globale abbiamo: S+T+M=I+G+X.
Il risparmio cresce al crescere del reddito e del tasso di interesse; T (tasse, variabile esogena); M=M(+Y).
Le importazioni crescono al crescere del reddito.
L’investimento, date le aspettative degli imprenditori, è inverso al tasso i interesse; G: la spesa pubblica è una variabile esogena; X: le esportazioni sono una variabile esogena al sistema (non dipendono dal tasso di interesse, né dal reddito); C = consumi, presenti in ambo i lati dell’equazione di equilibrio, si annullano.
Sappiamo che la IS indica le combinazioni di reddito e di tasso corrente di interesse che assicurano l’equilibrio del mercato dei beni.
La retta discende anche in un’economia aperta, perché al crescere del reddito crescono i risparmi e le importazioni.
Affinché gli investimenti aumentino corrispondentemente all’incremento del risparmio, i tassi di interesse devono scendere.
Al crescere del reddito la condizione di equilibrio sul mercato dei beni continua ad essere assicurata dalla discesa dei tassi di interesse.
Dato che G, T e X sono variabili esogene, non modificano l’andamento della IS, ma ne determinano solo gli spostamenti.
L’aumento delle esportazioni e della spesa pubblica, sono uno spostamento a destra della IS e la diminuzione delle esportazioni e della spesa pubblica.
Non varia nulla sull’andamento decrescente della IS e alle condizioni di equilibrio del mercato dei beni.
La LM individua le condizioni che assicurano livelli di equilibrio tra la domanda e l’offerta di moneta.
A differenza del pensiero della scuola di Cambridge, accanto alla domanda di moneta per il movente transattivo, secondo Keynes esiste la domanda di moneta per il movente speculativo.
Nell’economia chiusa: L=L(+Y,-i) Mentre la quantità di moneta offerta, per classici e keynesiani, è controllabile dalle autorità monetarie, nei neoclassici al crescere del reddito aumenta la domanda di moneta per il movente transattivo e precauzionale.
Perché si mantenga l’equilibrio con un’offerta di moneta è necessario che la domanda di moneta per il movente speculativo diminuisca (ovvero deve salire il tasso di interesse e scendere il corso dei titoli).
Non si modifica nulla rispetto all’economia chiusa anche in merito all’andamento della LM.
Occorre tener conto, in un’economia aperta, delle riserve valutarie.
Un saldo positivo della bilancia dei pagamenti comporta un aumento delle riserve valutarie (che comporta un aumento della base monetaria), mentre un deficit comporta una diminuzione (comporta una diminuzione della base monetaria e dell’offerta di moneta delle autorità centrali).
Le autorità possono sterilizzare sia un aumento che una diminuzione delle riserve.
Anche qui l’andamento crescente della LM resta invariato, mentre eventuali aumenti delle riserve si rappresentano con uno spostamento a destra della LM mentre, viceversa, uno spostamento a sinistra della LM rappresenta una diminuzione delle riserve valutarie della BC di un Paese.
La condizione di equilibrio esterno dell’economia, nello schema IS–LM, è una retta, BP, che identifica tutte le combinazioni di reddito e tasso d’interesse che assicurano l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.
La IS indica le combinazioni di tasso di interesse e reddito che assicurano l’equilibrio sul mercato dei beni; la LM le combinazioni che assicurano l’equilibrio sul mercato dei beni; la BP indica le combinazioni di reddito e tasso di interesse che assicurano l’equilibrio della bilancia dei pagamenti, che è articolata in quattro sezioni: Conto corrente (transazioni su beni e servizi, redditi da lavoro dipendente e da capitale, trasferimenti correnti); Conto capitale (acquisizioni, al netto delle cessioni, di attività non finanziarie e misura la variazione del PN dovuta al risparmio ed ai trasferimenti in conto capitale); Conto finanziario (redatto dalla Banca d’Italia per il Paese, per singoli settori e per il Resto del mondo, descrive le variazioni nelle consistenze delle attività e passività finanziarie con le quali il Paese o i settori istituzionali assumono debiti o concedono crediti); Errori ed omissioni.
Per semplicità, nel modello Mundell-Fleming si suppone che le partite correnti siano costituite solo dagli scambi di merci e servizi.
Qui il saldo dei movimenti finanziari dipende dal differenziale tra i tassi d’interesse nella Nazione in esame nei confronti col resto del mondo.
Il modello, per semplicità, ipotizza una relazione lineare e considera la Nazione troppo piccola per influenzare, con le variazioni del proprio tasso, il livello medio del tasso di interesse mondiale.
Un’ipotesi del genere è inverosimile sia per il tasso della Germania nell’area euro, che degli USA nell’area dollaro, che dello yen giapponese o yuan cinese.
Considerato determinato in modo esogeno il tasso di interesse medio mondiale, il saldo dei movimenti di capitale è: F=f(i-iw) dove f è la sensibilità dei movimenti di capitale ai tassi d’interesse; i: tasso d’interesse interno; iw: tasso d’interesse estero, non influenzato dal tasso d’interesse della Nazione considerata.
Se nel Paese preso in esame il tasso d’interesse > tasso prevalente nel mondo, si ha un afflusso di capitali finanziari dall’estero, attratti dalla possibilità di essere impiegati in modo più remunerativo; viceversa se tasso interesse < tasso medio mondo, si ha un deflusso di capitali finanziari verso il resto del mondo.
Stiamo parlando di attività e passività finanziarie e non di capitale fisico aggiuntivo.
L’equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti non implica necessariamente che ciascuna delle sue sezioni sia in equilibrio.
Il disavanzo di una delle sezioni della bilancia dei pagamenti può essere compensato da un attivo di un’altra delle sezioni in cui si articola la bilancia.
In questo modello semplificato, la condizione di equilibrio della bilancia dei pagamenti è: (X–M)+F=0 Il primo membro è il Conto corrente e F il saldo del Conto finanziario.
Questa equazione può diventare: f(i–iw)=-X+mY che ci dice che al crescere del reddito crescono le importazioni.
Le esportazioni sono considerate stabili e determinate in modo esogeno.
L’aumento delle importazioni genera il peggioramento della bilancia commerciale.
Per mantenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti, le autorità governative devono prevedere una compensazione del conto finanziario, il saldo di questo conto migliora se aumenta il tasso d’interesse praticato dalla nazione rispetto al resto del mondo.
La retta BP è crescente e mostra che la crescita del reddito determina un peggioramento della bilancia commerciale che, nel breve termine, può essere compensato solo da un indebitamento finanziario (possibile grazie ad un aumento nel tasso d’interesse rispetto a quello precedente al peggioramento della bilancia commerciale, dovuto
all’incremento delle importazioni, determinato dall’incremento del reddito).
L’aumento del tasso di interesse determina una diminuzione degli investimenti privati, sia per lo spiazzamento, sia per l’aumento del costo del finanziamento del capitale fisico reale.
-investimenti = -reddito = -importazioni e un riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
L’aumento del tasso di interesse determina il riequilibrio della bilancia commerciale, perché fa affluire finanziamenti e migliora il conto finanziario e perché fa diminuire il reddito globale, via diminuzione degli investimenti in capitale fisico aggiuntivo e via moltiplicatore keynesiano del reddito: la diminuzione del reddito riduce le importazioni, quindi si riequilibra la bilancia commerciale.
Negli assi cartesiani con il reddito sulle ascisse e il tasso d’interesse sulle ordinate, la condizione di equilibrio è una retta crescente da sinistra verso destra, BP.
I punti che si trovano al di sopra della BP hanno una combinazione di reddito e tasso d’interesse in presenza con saldo della bilancia dei pagamenti in attivo: in questi punti il tasso d’interesse è superiore a quello su BP e che è compatibile con l’equilibrio della bilancia commerciale.
Questi punti indicano che l’afflusso netto di finanziamenti raggiunge dimensioni maggiori di quelle necessarie per rendere in equilibrio il saldo globale della bilancia dei pagamenti.
Nei punti al di sotto della BP l’afflusso dei finanziamenti è insufficiente rispetto al livello considerato di equilibrio.
I punti al di sopra sono un surplus e quelli al di sotto deficit momentaneo della bilancia dei pagamenti.
La pendenza della BP dipende da:
– la propensione all’importazione (più è alta, più la BP pende), perché maggiore è l’aumento delle importazioni dopo l’incremento del reddito e maggiore dovrebbe essere l’incremento compensativo nell’afflusso finanziario di capitali; quindi maggiore dovrebbe essere il rialzo del tasso d’interesse per compensare l’incremento del reddito.
L’elasticità delle importazioni alle variazioni del reddito nazionale è: dM/dY.
Maggiore è dM/dY maggiore è la pendenza della BP, quindi ripida.
– la sensibilità dei movimenti di capitale al divario nei tassi d’interesse , ovvero l’elasticità dei capitali alle variazioni unitarie del tasso di interesse.
Maggiore è l’afflusso di finanziamenti all’incremento di un punto del tasso di interesse, minore deve essere l’incremento dei tassi per far affluire capitali nel Paese.
La sensibilità dei movimenti di capitale alle variazioni del tasso di interesse è: dK/di.
Meno elasticità, BP più ripida.
Più è sensibile, più la retta è piatta.
Un incremento delle esportazioni (o svalutazione della valuta nazionale in un paese con cambi flessibili) è una trasposizione in basso a destra della BP perché, a parità di reddito, l’aumento esogeno delle esportazioni consente un aumento delle importazioni maggiore, senza compromettere l’equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti.
A parità di reddito il tasso di interesse può essere inferiore.
Una diminuzione delle esportazioni (o un apprezzamento del cambio per paese con cambi flessibili) dovuta ad una crisi del commercio internazionale o alla riduzione del reddito mondiale è uno spostamento della BP in alto a sinistra, perché a parità di reddito peggiora l’equilibrio della bilancia commerciale.
A parità di reddito il tasso di interesse, per colmare la perdita di esportazioni, deve essere superiore.
Vediamo il caso di una politica monetaria espansiva in un regime di cambi fissi, che si ha con uno spostamento a destra della LM (da LM a LM1).
L’economia del Paese era in equilibrio con l’estero in E, ma il reddito (e l’occupazione) erano al di sotto della piena occupazione.
Dopo la politica monetaria espansiva si ha un incremento del reddito monetario.
Dal momento che abbiamo ipotizzato la non piena occupazione dei cittadini, è possibile che parte dell’aumento del reddito sia aumento del reddito reale, con incremento di produzione e occupazione.
Il nuovo punto di equilibrio interno E1, in cui sono in equilibrio il mercato dei beni e quello monetario, è al di sotto della BP1 e dunque è un punto di deficit della bilancia dei pagamenti.
In un regime di cambi fissi, la conseguenza è la fuoriuscita di riserve monetarie per finanziare il deficit commerciale.
La diminuzione delle riserve comporta la diminuzione dell’offerta di moneta e si ha quindi un ritorno della LM1 nella posizione originaria LM.
L’alternativa di breve periodo è una sterilizzazione della restrizione monetaria conseguente alla riduzione delle riserve, ma è una politica che può durare il tempo necessario a giungere al livello di guardia delle riserve.
La politica monetaria ha quindi un’efficacia limitata in caso di cambi fissi.
Nel caso di regime di cambi flessibili, sotto determinate condizioni (elasticità critiche) la politica monetaria può essere efficace.
Il deficit commerciale registrato dalla nazione genererà un aumento dell’offerta della valuta del Paese in questione e ciò farà svalutare il cambio, che comporterà
lo spostamento in basso a destra della BP1 e ciò consentirà di raggiungere contemporaneamente l’equilibrio interno ed esterno in E2.
Perché la BP si sposti verso il basso è necessario che la condizione delle elasticità critiche sia verificata.
Se elasticità delle importazioni + elasticità delle esportazioni > 1, la svalutazione del tasso di cambio farà aumentare le esportazioni e diminuire le importazioni.
Questo non accade nel brevissimo termine per l’effetto J.
Se si verifica la condizione delle elasticità critiche si avrà lo spostamento a destra della IS e lo spostamento a destra della BP.
Da una situazione di deficit commerciale (E1) si passa ad un nuovo equilibrio con l’estero in E2.
Gli spostamenti delle rette dipendono dall’incremento delle esportazioni, determinato dalla svalutazione del cambio.
A differenza del regime dei cambi fissi, l’aumento del reddito a parità dei tassi (e lo spostamento a destra della IS) e lo spostamento a destra della BP discendono dalla circostanza che la svalutazione della valuta del Paese in deficit funziona come uno sconto dei beni prodotti dal Paese interessato.
La svalutazione della valuta consentirà di raggiungere il nuovo equilibrio in E2 in cui osserviamo: + reddito; – tasso di interesse.
Il riequilibrio della bilancia dei pagamenti avviene con le partite correnti e non quelle finanziarie.
La politica monetaria in economia aperta può essere efficace se: riguarda il breve termine; è verificata la condizione delle
elasticità critiche; il regime internazionale di scambi è a cambi flessibili.
Il risultato è lo stesso in ogni caso, anche qualora la LM fosse molto rigida o verticale e dunque la domanda di moneta dipendesse solo dal movente transattivo.
A parità di politica monetaria espansiva, tanto più IS e BP sono rigide, tanto più il deficit commerciale crescerà rapidamente in seguito alla politica monetaria espansiva, maggiore dovrà essere la svalutazione del cambio e inferiore l’incremento del reddito, che si raggiungere in seguito alla svalutazione.
Viceversa, IS e BP saranno piatte.
Nel caso la LM fosse verticale (domanda di moneta dipende dal solo movente transattivo), non esisterebbe possibilità di incrementi del reddito generati da una politica monetaria espansiva, al di là che sia un’economia chiusa o aperta.
Lo schema Mundell–Fleming, come lo schema neoclassico, dà per scontata che la domanda di moneta dipenda in parte dal movente speculativo e che la politica fiscale espansiva determini un incremento del reddito e del tasso di interesse di equilibrio.
Possiamo considerare più realistica l’idea di una LM più dipendente dal motivo transattivo e meno da quello speculativo, oppure la situazione
opposta.
Lo stesso ragionamento vale per la BP, in cui la sensibilità alle variazioni del tasso di interesse è cresciuta a livello internazionale, man mano che venivano rimossi i divieti ai movimenti finanziari di capitali tra nazioni.
Durante il gold system, i movimenti di capitali erano rigidi a fronte di variazioni dei tassi di interesse, fatta eccezione per i titoli in sterlina nell’Impero britannico e per gli acquisti delle BC dei Paesi che commerciavano internazionalmente.
– Con un BP più rigida (verticale) della LM: molti Paesi avevano un’alta propensione all’importazione e una bassa sensibilità dei movimenti di capitale alle variazioni dei tassi di interesse.
Qui una politica fiscale espansiva determina un deficit commerciale, come in cui, dopo una politica di bilancio espansiva, si passa da E in cui il sistema è in equilibrio sia all’interno che all’esterno, ad E1, in cui si ha un equilibrio interno con un deficit della bilancia dei pagamenti.
In un regime di cambi fissi, come nel Gold Standard, l’obbligo al rispetto delle parità auree dichiarate comportava la riduzione delle riserve monetarie e la diminuzione dell’offerta di moneta.
La diminuzione dell’offerta (spostamento a sinistra della LM), determinava una riduzione del reddito al di sotto del reddito dell’equilibrio E1.
Fa comprendere le ragioni per cui il Gold Standard fu abbandonato e perché, in caso di deficit commerciale, il riequilibro automatico della bilancia dei pagamenti fosse pesante socialmente per le nazioni interessate, che dovevano sopportare una diminuzione del reddito e dell’occupazione per tornare in equilibrio (da E1 a E2).
– Se invece la BP è meno verticale della LM, la politica fiscale è efficace in un sistema di cambi fissi dove la politica fiscale espansiva non determina un deficit, ma un surplus, perché ipotizziamo che la sensibilità dei movimenti di capitale finanziario sia alta e che bastino piccoli movimenti per far affluire molti capitali finanziari nel Paese, tali da compensare a livello di bilancia dei pagamenti il deficit commerciale, generato dall’incremento del reddito.
A seguito del surplus della bilancia dei pagamenti, (E1) in un regime di cambi fissi si ha un aumento delle riserve monetarie, che determina un aumento dell’offerta di
moneta, ovvero lo spostamento a destra della LM, che determina l’equilibrio in E2, con più occupazione.
I limiti di una politica del genere dipendono dalla condizione in cui si trova l’economia.
Se l’economia è già vicina alla piena occupazione, una politica del bilancio pubblico espansiva determinerebbe solo un incremento dell’inflazione.
Nel modello Mundell–Fleming, la politica del cambio (svalutazione competitiva per rendere meno care le proprie merci) è sempre efficace per ottenere un maggior reddito d’equilibrio, e si ha con uno spostamento a destra della BP.
Sono politiche che determinano un maggior reddito nazionale a spese del resto del mondo e generano reazioni dalle altre nazioni che vanificano gli effetti di breve termine della svalutazione e minano il gioco cooperativo internazionale.
Nessuno consiglierebbe ad una famiglia che spende troppo, di colmare tale deficit indebitandosi e non considerando gli oneri del debito sui bilanci futuri e sulle aspettative future dei membri della famiglia