“la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle regioni”.
La situazione non faceva emergere la predisposizione di una politica ad hoc tenendo conto del fatto che i paesi membri originari costituivano una comunità abbastanza omogenea.
Fu su istanza italiana che vennero previsti due strumenti per il sostegno alle aree meno favorite dell’Eu a sei e cioè la Banca Eu degli Investimenti ed il Fondo Sociale Eu.
Le regioni sono partizioni di territori di singoli stati caratterizzati sotto il profilo ambientale ma anche risultato delle attività antropiche, dell’economia e dell’evoluzione conseguente della società.
Gli squilibri si hanno nelle differenze nei livelli di reddito pro-capite, nelle condizioni di vita, nelle opportunità di occupazione, nelle retribuzioni del lavoro.
La politica regionale è lo strumento di attenuazione e di governo degli squilibri attraverso politiche di convergenza, di coesione tra le aree o di integrazione economica.
Tali politiche quasi sempre debbono essere accompagnate da strategie di solidarietà finanziaria.
La necessità di una politica regionale si afferma a fine anni ’60 con l’allargamento della Comunità e l’accesso di paesi con differente livello di sviluppo.
E’ del 1968 la creazione della Direzione generale per la politica regionale.
Rey affermava “La politica regionale deve tendere ad infondere nuova vita nelle regioni in cui questa è stata negata.” Nel 1971 con le Risoluzioni del Consiglio venivano previsti incentivi allo sviluppo regionale nella PAC e il coordinamento degli aiuti finanziari.
Nel 1975 nasce il Fondo eu di sviluppo regionale (FESR) per tre anni per correggere gli squilibri regionali dovuti alla predominanza dell’agricoltura; nelle politiche comunitarie, ma anche per fronteggiare i cambiamenti industriali e la disoccupazione strutturale.
Gli eventi salienti che hanno costituito una spinta verso una politica di coesione più “eu” sono l’approvazione dell’Atto unico eu che affrontava la coesione economica e sociale, l’adesione di Grecia, Spagna e Portogallo e l’adozione del programma del Mercato unico.
L’adesione di nuovi paesi accentua le disparità regionali e gli aiuti diventano strumenti chiave per allineare il livello di prosperità alla media eu.
Si gettano le basi per una politica di coesione volta a compensare l’onere del Mercato unico nelle regioni più svantaggiate della Comunità.
Il Consiglio eu stanzia Fondi strutturali per 5 anni e adotta il primo regolamento che integra i Fondi strutturali.
Vengono introdotti i principi fondamentali della politica regionale eu e cioè la concentrazione dell’intervento sulle regioni più povere, la costituzione di partenariati con la partecipazione di partner regionali e locali ai processi di sviluppo, la programmazione pluriennale, l’addizionalità della spesa UE che non deve sostituire quella nazionale, l’integrazione dei Fondi strutturali (FEOGA, FSE, FESR).
Vengono individuati 5 obiettivi: sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo, dotandole delle infrastrutture di base e sollecitando gli investimenti utili per il decollo delle attività economiche; poi favorire la riconversione economica e sociale di zone in fase di trasformazione economica, le zone rurali in declino, di zone in difficoltà; poi ammodernare i sistemi di formazione mantenendo l’occupazione.
La programmazione comunitaria introduce norme standardizzate e si attua con una gestione decentrata affidata alle realtà nazionali.
I quadri comunitari di sostegno (QCS) sono i documenti nei quali sono riportati i progetti integrati e cioè insieme di azioni relativi a differenti settori focalizzati a un obiettivo di sviluppo caratterizzati da integrazioni progettuale e riferimento territoriale, Programmi operativi (PO), documenti che delineano la strategia seguita e le priorità di intervento, il piano finanziario per ciascun asse prioritario, le disposizioni di attuazione; i Documenti unici di programmazione (DOCUP).
Iniziative comunitarie vengono attuate per completare l’intervento dei fondi: KONVER, RETEX, PMI, URBAN, EQUAL, LEADER.
L’evoluzione della politica regionale si è ispirata alla semplificazione delle procedure ed alla creazione di fondi specifici come nel Fondo di coesione e dello Strumento di finanziamento per la pesca.
Accanto alle opportunità dell’aumento del bilancio dei Fondi strutturali due temi emergono: l’efficienza e razionalità, semplificazione della progettazione e delle procedure come preparativi in vista dell’allargamento della Comunità.
“Agenda 2000” un nuovo documento di politica regionale della Comunità che spiana il cammino per l’adesione di 10 nuovi Stati nel 2004.
La popolazione dell’UE aumenta del 20%, ma il PIL cresce solo del 5% e serve il sostegno transitorio per alcune regioni.
A seguito di questi eventi l’azione del fondo di coesione viene concentrato su tre obiettivi comuni: convergenze degli stati membri e delle regioni, competitività regionale e occupazione, cooperazione territoriale eu per la cooperazione transfrontaliera e sovranazionale e lo sviluppo rurale.
Viene introdotto lo strumento per le politiche strutturali di pre-adesione (ISPA).
L’esperienza consolidata a livello eu conduce ad una discussione sulle politiche di bilancio e sulla coesione.
Il Rapporto Barca propone una politica place- based cioè rivolta ai territori ed al loro ruolo nello sviluppo.
Questo approccio pone in rilievo il ruolo dell’innovazione (nuova conoscenza) come fattore primario di sviluppo e sollecita un confronto aperto tra conoscenze e valori diverso.
L’approccio esalta le elites locali nello sviluppo e la necessità di promuovere nei singoli territori progetti integrati di cambiamento istituzionale e di investimento con il coinvolgimento di attori endogeni ed esogeni.
L’ipotesi è di promuovere politiche che consentono alle persone di disporre di strumenti in grado di valorizzare le risorse locali fondate sulla concentrazione su priorità tematiche non settoriali, sull’integrazione tra attori, su impegni di condizionalità ambientale che possano essere prima verificate.
Si ha l’incremento del bilancio a 50 Mrd di EUR l’anno (36% del budget UE) e la separazione dei fondi per lo sviluppo rurale e la pesca che vengono distinti dalla politica di coesione.
Sette innovazioni imposte dalla nuova stagione di programma: risultati attesi esplicitati in termini misurabili grazie a indicatori quantitativi dell’impatto prodotto sulla vita dei cittadini dagli interventi pubblici; azioni da indicare in termini puntuali e operativi; tempi vincolanti e associati ai soggetti responsabili da cui dipendono le scadenze; partenariato mobilitato da coinvolgere subito nei processi che portano alle decisioni sulle politiche sia in fase di programmazione che di attuazione; trasparenza da esercitare con il dialogo sui territori e secondo il metodo Open Coesione; valutazione degli effetti prodotti dagli interventi di sviluppo cofinanziati e del modo in cui tale effetto ha luogo; rafforzamento del presidio nazionale sull’attuazione, con il monitoraggio dei programmi cofinanziati e le verifiche sul campo per accertare gli interventi, l’assistenza e l’affiancamento strutturato dei centri di competenza nazionale alle autorità responsabili dell’attuazione, nelle situazioni più critiche.
Le regioni eu (e italiane) vengono identificate secondo il grado di sviluppo in «meno sviluppate» (Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia) «in transizione» (Abruzzo, Molise, Sardegna) «più sviluppate» (Bolzano, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, PA Trento, Valle d’Aosta, Veneto, Umbria).
Accanto ai fondi comunitari, lo Stato dispone per la politica di coesione di un Fondo per lo sviluppo e la coesione
(FSC) ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che attua l’obiettivo costituzionale di “rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’esercizio dei diritti della persona” (art.119).
È lo strumento generale di governo e di sviluppo della nuova politica regionale nazionale per la realizzazione di interventi nelle aree sottoutilizzate.
Qui tali risorse si aggiungono a quelle ordinarie e comunitarie e nazionali di cofinanziamento.
Il Fondo era alimentato ogni anno, ma la dotazione per il ciclo 2007/2013 è pluriennale.
Caratteristiche del Fondo: strategia unitaria della programmazione degli interventi, la cui piena attuazione è concretizzata nell’attuale ciclo di programmazione 2007/2013 con il Quadro di sostegno nazionale (QSN), e la flessibilità nell’allocazione delle risorse, che consente uno spostamento di risorse liberate, nel Fondo, tra i vari strumenti di programmazione.
Tali caratteristiche consentono di avvicinare per coerenza la politica aggiuntiva ai principi ed alle regole dalla politica comunitaria.
“Aree sottoutilizzate” hanno sostituito le “Aree depresse”.
Lo scopo del Fondo è conseguire una maggiore capacità di spesa in conto capitale, oltre che un riequilibrio economico e sociale, anche per soddisfare il principio di addizionalità, ma anche di convogliare in un unico contenitore tutte le risorse disponibili autorizzate da disposizioni legislative con finalità di riequilibrio economico e sociale.
Affluiscono al Fondo risorse finanziarie dapprima previste da distinti provvedimenti legislativi, permettendo una visione più chiara e trasparente degli stanziamenti destinati ad interventi speciali ed aggiuntivi per le aree sottoutilizzate.
Le risorse FSC vengono impiegate per il finanziamento di strumenti rientranti in due gruppi principali: investimenti pubblici per infra strutturazioni materiali ed immateriali (i completamenti delle infra strutturazioni dell’intervento straordinario); Gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali ed immateriali realizzati dalle Regioni e dalle Amministrazioni centrali attraverso Accordi di programma quadro (APQ) e non.
Gli incentivi a soggetti privati sono misure a favore dell’auto impiego e dell’auto imprenditorialità; crediti di imposta per gli investimenti; crediti di imposta per l’occupazione nel Mezzogiorno; crediti di imposta per campagne pubblicitarie localizzate; contratti di filiera agroalimentare; finanziamento alle imprese per il completamento dei programmi dell’Intervento straordinario; contratti di programma; patti territoriali; contratti d’area; attrazione degli investimenti esteri nelle aree sottoutilizzate; copertura degli interessi derivanti dall’attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese nelle aree sotto utilizzate; costituzione di fondi per l’investimento in capitale di rischio delle PMI; Fondo per la competitività e lo sviluppo.
Grazie alla continuità finanziaria del Fondo ed alla sua flessibilità è possibile dare certezza agli operatori pubblici e privati, accelerare la spesa per investimenti pubblici in infrastrutture materiali ed immateriali e riequilibrare l’impiego di risorse tra incentivi ed investimenti.
Il Fondo finanzia interventi in infrastrutture materiali ed immateriali con lo strumento negoziale dell’Accordo di programma quadro.
Il pacchetto legislativo Coesione 2014-2020 sviluppa e rafforza il ruolo legislativo assegnato alla Cooperazione Territoriale Europea (CTE) nel periodo 2007-2013, confermandone la natura di obiettivo generale della programmazione dei Fondi e mantenendo la dimensione finanziaria delle risorse ad esso destinate, anche in un quadro di riduzione delle risorse assegnate alla politica di coesione.
Alla CTE è stato rivolto un regolamento specifico.
Il Regolamento UE n. 1299/2013 del 2013 stabilisce disposizioni sull’obiettivo “Cooperazione territoriale eu” sull’ambito di applicazione, copertura geografica, risorse finanziarie, concentrazione tematica e priorità di investimento, programmazione, sorveglianza e valutazione, assistenza tecnica, ammissibilità, gestione, controllo e designazione, partecipazione di paesi terzi e la gestione finanziaria.
La Cooperazione territoriale Eu incoraggia i territori a cooperare con progetti congiunti, scambio di esperienze e costruzione di reti.
Le componenti della CTE sono tre: cooperazione transfrontaliera fra regioni limitrofe promuove lo sviluppo regionale integrato fra regioni confinanti con frontiere marittime e terrestri in due o più Stati membri o fra regioni confinanti in almeno uno Stato membro e un paese terzo sui confini esterni dell’Unione diversi da quelli interessati dai programmi di finanziamento esterno dell’Unione.
La cooperazione transnazionale su territori transnazionali più estesi, che coinvolge partner nazionali, regionali e locali.
La cooperazione interregionale che coinvolge i 28 Stati dell’Ue e mira a rafforzare l’efficacia della politica di coesione, promuovendo lo scambio di esperienze, l’individuazione e la diffusione di buone prassi.
Le risorse sono a disposizione per la partecipazione a 15 programmi di cooperazione transfrontaliera e transnazionale, di cui: 8 di cooperazione transfrontaliera, 3 programmi di cooperazione transfrontaliera esterna cofinanziati da FESR e IPA e da FESR e ENI; 4 di cooperazione transnazionale.
L’Italia parteciperà anche a quattro programmi di cooperazione interregionale che coinvolgono i 28 Stati dell’UE: Urbact III, Interreg Eu, Interact, Espon, ai quali sono destinati 500 milioni di euro.
L’Accordo di partenariato è il documento predisposto da uno Stato membro in collaborazione con le istituzioni di
livello centrale e locali e i partner economici e sociali, che definisce strategie, metodi e priorità di spesa.
E’ approvato dalla Commissione Eu in seguito del negoziato con lo Stato membro e si traduce in programmi regionali e nazionali.
A livello eu si contano 60 programmi regionali, 39 programmi regionali (FESR, FSE), di cui 3 plurifondo, e 21 programmi regionali FEASR + 14 programmi nazionali di cui 11 programmi nazionali plurifondo (FESR, FSE), 2 programmi FEASR, 1 programma FEAM.
I programmi nazionali FESR, FSE si riferiscono a: Scuola, Sistemi di politiche attive per l’Occupazione, Inclusione, Città metropolitane, Governance e Capacità istituzionale, Iniziativa Occupazione Giovani nelle regioni meno sviluppate, Ricerca e Innovazione, Imprese e Competitività nelle regioni meno sviluppate, Infrastrutture e reti, Cultura, Legalità.
Nell’Accordo di partenariato si didica attenzione a: ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione; agenda digitale (migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione); competitività dei sistemi produttivi energia sostenibile e qualità della vita (sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori) clima e rischi ambientali (promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, prevenzione e gestione dei rischi, tutela dell’ambiente e valorizzazione delle risorse culturali e ambientali, promuovere l’uso efficiente delle risorse, mobilità sostenibile di persone e merci (sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle infrastrutture di rete) occupazione; inclusione sociale e lotta alla povertà; istruzione e formazione (per le competenze e l’apprendimento permanente) capacità istituzionale e amministrativa (amministrazione pubblica efficiente nell’ erogazione di servizi).
Le priorità dell’accordo con riferimento al sostegno alla ricerca e innovazione e alla competitività del sistema produttivo, in collegamento con le strategie di specializzazione intelligente, rafforzando la capacità innovativa delle imprese, anche con schemi di finanziamento in grado di avvicinare imprese di piccola dimensione con ridotta propensione all’innovazione.
Viene previsto un supporto alla infrastrutturazione per la banda ultra larga e potenziamento dei servizi ICT a cittadini e imprese nella strategia nazionale.
L’efficientamento energetico degli edifici pubblici e risparmio energetico nei cicli produttivi, aumento della mobilità sostenibile nelle aree urbane.
Adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione dei rischi (idrogeologico, erosione costiera, desertificazione, sismico e incendi) è un’ulteriore priorità così come la tutela degli asset naturali, valorizzazione delle risorse culturali e uso efficiente delle risorse ambientali.
Va ricordato il potenziamento direttrici ferroviarie e della logistica del sistema produttivo nelle regioni meno sviluppate.
Le priorità dell’Accordo con riferimento all’occupazione riguarda il sostegno all’occupazione di diversi target di popolazione e intervento specifico sui giovani tramite il programma dedicato (Iniziativa Occupazione Giovani) ma anche il rafforzamento dei percorsi di istruzione e degli ambienti educativi, azioni di formazione mirate alle esigenze del sistema imprenditoriale e miglioramento del raccordo tra sistema educativo e mercato del lavoro.
Sono previsti interventi per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale con la presa in carico dei soggetti più vulnerabili e il miglioramento dell’accesso ai servizi di base.
Viene evidenziata la necessità di un rafforzamento della capacità amministrativa delle autorità di gestione dei fondi e azioni più generali di modernizzazione della PA negli ambiti rilevanti per la politica di coesione (regolamentazione dell’attività di impresa, open government, giustizia civile, prevenzione e lotta alla corruzione).