Costituzione Srl – Procedimento
In esito alla stipulazione del contratto di sottoscrizione sorge in capo ai soci un’obbligazione avente per oggetto il versamento.
Con la riforma del 2003 è stata introdotta una novità rispetto alla disciplina della s.p.a. L’art 24644 cc stabilisce che «il versamento può essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri». La fideiussione sostituisce il versamento e non il conferimento. Oggetto di conferimento resta il denaro e non la fideiussione; «il socio può in ogni momento sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in danaro
Il sovrapprezzo deve essere versato per intero. Fin dal momento della stipula dell’atto costitutivo è possibile prevedere un sovrapprezzo. Nella disciplina ante riforma, ove non era prevista tale possibilità, si riteneva che la società potesse essere finanziata dai soci, ma solo dopo la sua costituzione. Oggi è possibile prevedere un sovrapprezzo per finanziare la società, anche in sede di costituzione e in tema di aumento del capitale sociale. Se la società deliberasse l’aumento del capitale sociale, con esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione preferenziale dei soci, la legge stabilisce che dovrà essere accompagnata dal sovrapprezzo. L’aumento di capitale deve essere programmato secondo il valore effettivo della società. Il sovrapprezzo è la volontà dei soci originari che la differenza tra capitale sociale e patrimonio non volga a vantaggio del terzo sottoscrittore, in quanto il sovrapprezzo è il “prezzo in più” che questi deve pagare per avvantaggiarsi di una ricchezza che non ha contribuito a produrre, ma di cui godrebbe per mezzo della sottoscrizione dell’aumento. La mancata previsione del sovrapprezzo volgerebbe a vantaggio del terzo sottoscrittore in quanto costui, essendo divenuto membro della compagine sociale, concorrerebbe al riparto del patrimonio sociale pur non avendo contribuito al suo incremento. Il Legislatore della riforma corregge, intervenendo impedendo che i terzi ci guadagnino, questa anomalia statuendo che nel caso di aumento del capitale sociale, con esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione preferenziale dei soci originari, il sovrapprezzo è necessario. Stesso problema quando deriva dai soci originali, qui quando la società voglia che la differenza tra capitale sociale e patrimonio vada a suo vantaggio imporrà il sovrapprezzo nella delibera di aumento. Quando invece voglia che tale differenza vada a vantaggio dei soci sottoscrittori non imporrà il sovrapprezzo nella delibera di aumento. La funzione del sovrapprezzo in fase di costituzione è diversa da quella che lo stesso assolve in materia di aumento del capitale sociale: in fase di costituzione, il sovrapprezzo, non essendoci una differenza tra capitale e patrimonio, finanzia l’attività sociale con l’incremento del patrimonio; in sede di aumento del capitale sociale, il sovrapprezzo ha funzione perequativa.
Il notaio, posto che l’atto costitutivo deve rivestire la forma dell’atto pubblico, dovrà, in presenza di tutte le condizioni previste dalla legge per la costituzione, entro 20 gg dalla sua stipulazione, curarne il deposito presso il Registro delle Imprese.
Interpretazione dell’atto costitutivo di s.r.l. Alcuni valorizzando il dato personalistico che connota tale modello societario in esito alla legge di riforma del 2003, hanno ipotizzato che, a differenza di quanto non accada per le spa, si possano legittimare interpretazioni supportate da elementi soggettivi oltre a quelle ancorate al dato oggettivo delle risultanze documentali. L’atto costitutivo della srl si uniforma ai criteri ermeneutici fissati per i negozi giuridici, dagli art. 1362 e seguenti cc.
Quando si evoca il “gradimento” in ordine alla circolazione della partecipazione sociale si intende fare riferimento alla clausola dell’atto costitutivo che subordina l’efficacia del trasferimento, nei confronti della società, al placet, privo di limiti e motivazioni o sottoposto a limiti e condizioni, all’ingresso in società del cessionario. La clausola di gradimento può essere distinta in:
La “prelazione impropria” allude al diritto di preferenza scollegato dal requisito della parità di condizioni (prelazione che scatta in caso di liberalità con ad oggetto la quota o in caso di trasferimenti onerosi ove il contenuto del negozio sia fissato da un terzo o venga determinato in base a risultanze oggettive). La prelazione può esser plasmata dall’autonomia privata in conformità o discontinuità col principio della parità delle condizioni. Sarebbe ragionevole ritenere che la prelazione, pur incidendo sulla scelta della controparte negoziale, debba attuarsi a parità di condizioni, in quanto deve essere garantito a ciascun socio la libertà di fissare il contenuto del contratto di cessione. In concreto, la libertà del cedente di determinare il contenuto del negozio di cessione può prestarsi ad un aggiramento della disciplina della prelazione o allo svuotamento del suo contenuto (il cedente e il cessionario potrebbero accordarsi per “gonfiare” il prezzo offerto per l’acquisto della partecipazione). Se la clausola è inserita nello statuto l’autonomia dei soci in ordine alla circolazione delle partecipazioni verrà incisa tanto sotto l’aspetto della determinazione del contenuto del negozio di cessione quanto nella scelta del soggetto con il quale contrattare. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 89/1989, ha stabilito che nell’autonomia negoziale, in mancanza di un espresso divieto normativo, nulla impedisca che le parti possano decidere di: vietare la circolazione delle partecipazioni a titolo gratuito; subordinare il trasferimento a titolo gratuito della quota alla volontà di acquistarla dagli altri soci, che dovranno corrispondere al cedente il controvalore in denaro. La Corte discorre in questa sentenza di “patto di prelazione atipico”. La dottrina riconosce validità alle clausole che: fissano criteri di determinazione del prezzo di acquisto; e rimettono la determinazione del prezzo a terzi arbitratori. Sarebbe legittima la clausola di prelazione impropria con cui si consenta agli altri soci un diritto di prelazione per un corrispettivo qualitativamente o quantitativamente diverso da quello che il socio riceverebbe dal potenziale acquirente. L’unico limite è che il controvalore in denaro non possa mai essere inferiore a quello riconosciuto al socio cedente, allorché esercitasse il diritto di recesso.
Il rinvio effettuato da una clausola dell’atto costitutivo ad una disciplina che, nel frattempo, sia stata oggetto di innovazione e non risulti più in vigore. Il fenomeno, reso significativo dall’incedere delle novelle legislative in materia societaria, renderebbe palese un problema di coordinamento e adattamento della clausola alla vigente disciplina. Il significato della singola clausola di rinvio deve essere ricostruito alla luce del modo con il quale vengono richiamate le norme di legge. Sotto tale profilo si danno le ipotesi:
Nelle ipotesi 1 e 2 occorre aggiornare il richiamo normativo sulla base delle modifiche intervenute, applicando il diritto vigente alla data di applicazione della clausola, quantunque difforme da quello vigente al tempo della sua creazione e indipendentemente dal fatto che tale diversità emerga per il rinvio a disposizioni ormai fuori contesto o non emerga affatto, se non in forza di inesigibili indagini storiche. Ciò a meno che non risulti dallo statuto un’esplicita esclusione delle future modifiche (derogabili) delle norme di rinvio. Viceversa nell’ipotesi 3 la riproduzione del testo normativo va interpretata come opzione statutaria per il diritto dell’epoca, con esclusione dell’automatico recepimento (ove consentito) di future modifiche, indipendentemente dalle ragioni storiche per cui il redattore della clausola si è orientato per quella riproduzione. Tali ragioni per definizione non contano per chi ritenga doveroso adottare un criterio oggettivo di interpretazione del testo statutario e debba rilevarne la portata letterale in modo da tutelare l’affidamento che vi si può ragionevolmente riporre, di là dalle difficilmente ricostruibili volontà di chi ne è autore.
La negazione della conferibilità di cosa generica, futura o altrui nelle s.r.l.
Preso atto del disposto dell’art. 2464, tali conferimenti non sembrano ammissibili atteso che il conferimento avente ad oggetto cose future, altrui o generiche, risolvendosi solo nell’obbligo del socio conferente di fare conseguire alla società quanto promesso, non consentirebbe alla medesima di acquisire, in via immediata e diretta, l’utilità ad essi sottesa.
Oggetto del conferimento in caso di apporto d’opera e servizi: alcuni dicono che l’oggetto del conferimento sia la polizza di assicurazione o la fideiussione bancaria. L’opera o il servizio non costituirebbero mai l’oggetto del conferimento che sarebbe, invece, dato dal valore di quell’opera o servizio o dalla fidejussione o polizza assicurativa (sia il valore da attribuire all’opera o al servizio sia l’ammontare della garanzia saranno determinati dai soci al conferimento); altri (la maggior parte) dicono che l’oggetto del conferimento non potrebbe che essere un’obbligazione di fare (prestazione l’opera o il servizio promesso); altri ancora parlano della “fattispecie complessa”, in quanto tale conferimento sarebbe costituito in parte dall’obbligazione di fare ed in parte dalla garanzia.
Della possibilità di conferire un’azienda: oggetto di conferimento può essere anche un’azienda in quanto: il conferimento di azienda è utile per lo svolgimento dell’attività sociale; l’azienda è suscettibile di valutazione economica e di iscrizione in bilancio. È discusso se sia conferibile anche l’avviamento. Mentre nel caso di vendita dell’azienda le parti sono libere di determinare il valore dell’azienda, nel caso di conferimento occorre adottare criteri di valutazione oggettivi: secondo alcuni è il legislatore a risolvere positivamente il problema del conferimento dell’avviamento «l’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso del collegio sindacale, se è acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro 5 anni»; altri dicono che l’avviamento non può formare oggetto di conferimento in quanto dal punto di vista aziendale non è un bene a sé stante ma una qualità dell’azienda non separabile da esso e quindi inidoneo ad essere conferito indipendentemente dall’azienda cui inerisce; e poi perché l’avviamento può essere iscritto all’attivo solo «nei limiti del costo per esso sostenuto» presuppone che esso sia conseguibile come elemento dell’attivo solo in esito ad operazioni di alienazione onerosa di azienda, non di conferimento. Nella srl il conferimento di cose altrui non è ammissibile.