Crisi d’impresa – i soggetti che la gestiscono
I soggetti che gestiscono la crisi di impresa sono:
Il ruolo dell’Advisor è quello di rendere consapevole l’imprenditore e non solo, che l’intervento che è indispensabile, va fatto in certi tempi, non c’è modo di tornare indietro e deve essere portata fino in fondo perché non avremo l’opportunità di cambiare strada. Queste informazioni devono essere tempestive e credibili, e soprattutto, utilizzabili. Ha un ruolo fondamentale anche nella scelta dello strumento giuridico più idoneo per uscire dalla crisi d’impresa e deve essere in grado di governare l’intero processo facendo da collettore con l’esigenza dell’impresa, dei creditori, dei debitori e in generale di tutti gli stakeholders.
L’Advisor deve pertanto possedere competenze giuridiche, industriali, finanziarie e commerciali e avere un’ottima credibilità reputazionale. Per entrare nel merito delle questioni occorrono persone che siano specializzate. A seconda della dimensione dell’impresa, l’Advisor può essere una investment bank, una società di consulenza oppure uno o più professionisti. È una figura determinante nel processo di gestione della crisi, sia che si tratti di rilancio che di ristrutturazione di impresa.
È un soggetto altamente specializzato nel campo del corporate finance che garantisce imparzialità e trasparenza. Dovrà individuare la strategia più idonea alla situazione nel quale versa l’impresa che sia il superamento della crisi o accompagnarla verso la liquidazione.
Compito dell’Advisor è quello di valutare l’esistenza dei parametri propedeutici al processo di ristrutturazione:
Congiuntamente alle banche esposte, l’Advisor si occupa anche di progettare e disegnare la nuova struttura finanziaria dell’azienda alla luce del processo di ristrutturazione.
L’attività dell’Advisor si sostanzia quindi nell’assistenza dell’impresa debitrice al suo management e nell’elaborazione del piano di risanamento affinché questo risulti fattibile ed attuabile, oltre ad essere coerente con la struttura finanziaria ipotizzata in ottica di ristrutturazione aziendale.
La gestione di questa fase deve essere attuata in modo rapido e tempestivo e si sviluppa, generalmente, lungo cinque ambiti di indagine (non necessariamente sequenziali):
La natura dell’incarico è meramente contrattuale. Posso avere un mandato esplorativo o un mandato vero e proprio. Particolare attenzione deve essere prestata a:
Gli Advisor hanno una responsabilità contrattuale da mandato. Bisogna essere consapevoli che la gestione dell’impresa in crisi genera comunque responsabilità civili e penali. Le forme di responsabilità civile:
Gli argomenti della Guida Societaria
L’Advisor si trova a dover parlare con tutta una serie di persone, deve fare un punto della situazione. In quel poco tempo deve farsi una idea se prendere o meno l’incarico. A prescindere dalla decisione deve fare un punto sullo stato di salute dell’impresa. Deve avere un rapporto con l’imprenditore, con il controllo di gestione, con gli istituti di credito. Il consulente svolge una attività di analisi.
L’Advisor stesso beneficia di queste analisi per poter portare avanti e poter decidere se prendere o meno l’incarico.
Si deve immaginare anche l’altra parte della medaglia quando ci troviamo all’interno di una azienda anche strutturata, che non riesce a gestire un processo di cambiamento. Il problema può essere che il capo dell’impresa non riesce ad accettare quello che è successo. L’Advisor si troverà a dover fare affiancamento al management al fine di far acquisire sempre più consapevolezza al management.
Le banche sono messe in rosso non a caso perché rappresentano un interlocutore fondamentale, “ di finanza si muore “. Mi devo interfacciare con chi ha una esposizione importante.
Per quanto riguarda il rapporto con i debitori le azioni necessarie saranno:
Non è una eresia se l’Advisor chiede di aprire nuovi conti correnti da destinare all’operazione. In questo senso quando il suo compito è terminato si ha difatti la predisposizione e la messa in pratica appunto dei quelli che sono gli elementi fondanti del piano.
L’effettiva esecuzione del piano può essere o no, dipende chi c’è dall’altra parte, perché chi era a capo dell’impresa che magari è stato mandato a casa e quindi è entrato un manager che di fatto esegue un piano. Come abbiamo visto l’altra volta ci sono delle responsabilità di cui l’Advisor deve tenere conto. Deve capire dove si ferma l’oggetto della consulenza dell’Advisor e dove questo decide di andare oltre. Nel caso in cui si decidesse di utilizzare degli strumenti propri della legge fallimentare.
L’Advisor è colui che predispone il piano, ad eseguirlo è il turnaround manager, ma ad attestarlo è un soggetto indipendente e professionale obbligatorio nel caso di piano attestato, accordi di ristrutturazione del debito e concordato preventivo. È una figura fondamentale ai fini della tutela dei terzi che deve indicare ex ante le condizioni necessarie da seguire nel piano per l’attestazione.
Con il termine crisi si intende lo status comprensivo di differenti situazioni che possono andare dalla insolvenza irreversibile ad uno status di squilibrio economico finanziario, che pone l’impresa a rischio di insolvenza e che l’imprenditore non riesce a superare attraverso altri istituti ordinari quali la ristrutturazione dei debito o con l’ordinario ricorso al credito. Può verificarsi che un’impresa commerciale presenti uno “sbilancio” tra attivo e passivo patrimoniale, ma che l’impresa non abbia (ancora) problemi di liquidità, perché magari non gli è stata negata da parte degli istituti di credito la concessione di credito.
Una crisi “finanziaria” si verifica quando vi è uno squilibrio tra flussi di risorse e fabbisogno monetario dell’impresa. Questa situazione non è immediatamente equiparabile all’insolvenza, salvo che la crisi non dipenda da fattori strutturali.
Pertanto lo “status di crisi” comprende sia quello dell’insolvenza vera e propria sia situazioni ad essa prodromiche, ma che dovrebbero distinguersi da essa proprio per la possibilità di superamento della stessa anche se attraverso provvedimenti straordinari di riorganizzazione o ristrutturazione del debito.
Ci potremmo trovare in una situazione in cui la crisi non è conclamata all’esterno, io so che la liquidità tra tre mesi mi finisce, non ho un portafoglio ordini, non ho modo di ridurre il mio personale. Nessuno sa niente, quindi mi metto nelle condizioni di risolvere il problema, poniamo che sia una impresa che opera in più business. Cosa può valutare l’Advisor?
Risanare significa ripristinare l’equilibrio. Tale equilibrio può essere:
Il fattore tempo assume una importanza vitale, perché si deve capire in quella fase mi trovo.
La crisi è conclamata quando non riesco a pagare i dipendenti. Può essere una crisi conclamata, ma nessun evento scatenante ha allarmato i miei debitori contro di me. Dopodiché c’è quella irreversibile, tra la reversibilità e la irreversibilità il passo è breve. Ci sono situazioni in cui non è conveniente ristrutturare, per nessuno.
Quando l’intervento è tardivo l’impresa sarà subissata da raccomandate, messa in mora, o decreti ingiuntivi già scaduti. È necessario quindi intervenire mettendo in sicurezza il perimetro, quindi massimo 60 giorni. C’è da intervenire sui tempi e bloccare i decreti ingiuntivi, tutto questo implica un rapporto diretto con chi è il mio creditore. Una persona credibile riesce a ottenere dei risultati.
Gli strumenti per l’Advisor nella scelta del piano in ipotesi di continuità possono essere:
Quanto agli strumenti giuridici fondamentale sarà la scelta dell’Advisor, anche a seconda dello stato di crisi e la volontà futura del management.
La cosa migliore è fare un piano di ristrutturazione e di rilancio, un piano strategico molto ampio, di durata di ampio respiro. Un piano aziendale di 3 anni va già bene ma devi tenerlo sotto controllo. Il piano migliore in termini di tempo è 5 anni.
Il piano attestato è un piano molto blindato, devo presentare delle appendici, devo rinegoziare tutto sulla base di situazioni che prima non c’erano. Il piano si muove su dei paletti, l’impresa deve stare all’interno di un range e la banca si muove di conseguenza. Ha il vantaggio di esentare dall’azione revocatoria e allo stesso tempo di poter restare privato.
Il piano di ristrutturazione dei debiti ha una condizione importante, devo avere dalla mia parte almeno il 60% del ceto creditorio. È spesso utilizzato quando c’è un terzo che vuole acquisire la parte buone.
Concordato preventivo in continuità aziendale, crisi ormai conclamata, è necessario proteggere l’attività da azioni esecutive. Il piano è credibile se:
Il piano può prevedere alternativamente:
In ogni caso si avrà la liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.
La predisposizione del piano si articola in 4 fasi:
Magazzino e crediti rappresentano elementi delicati perché il più delle volte il magazzino non esiste. Pensiamo ad un magazzino di materie prime alimentari. Le verifiche sul piano del passivo riguardano la corretta determinazione delle singole poste e degli eventuali dati extracontabili, la corretta determinazione del fondo rischio e della spesa di giustizia e procedura.
Perché non c’è il patrimonio sociale? Si parla sempre di situazioni in cui il livello di deterioramento del patrimonio è compromesso.
Laddove sono in una situazione dove il 90% dei creditori sono chirografari la gestione è completamente diversa rispetto al caso opposto dove ho il 90% dei privilegi, devo individuare le risorse.
La credibilità del piano è alla base di tutto. Il piano deve essere costituito per far sussistere 3 elementi contemporaneamente:
La struttura del piano è molto simile ad un business plan:
C’è una certa rigidità nel citare normative e prassi che sono proprie delle grandi società di consulenza. La costruzione dei piani di ristrutturazione aziendali è forse uno degli elementi in cui la parte teorica e la parte pratica si legano molto. Il piano non è il lido dei sogni che purtroppo l’imprenditore porta in banca per avere soldi, questo piano deve essere credibile e reale e soprattutto concretamente realizzabile.
I coventant sono strumenti che servono per guidare il piano. In finanza con il termine covenant si indica un accordo che intercorre tra un’impresa e i suoi finanziatori, che mira a tutelare questi ultimi dai possibili danni derivanti da una gestione eccessivamente rischiosa dei finanziamenti concessi. L’accordo prevede clausole vincolanti per l’impresa, pena il ritiro dei finanziamenti o la loro rinegoziazione a condizioni meno favorevoli. Dal punto di vista del finanziatore, il covenant, serve a ridurre il proprio rischio di credito, cioè ridurre l’esposizione patrimoniale all’insolvenza del prenditore di fondi.
Le manovre che si andranno a svolgere riguarderanno:
Vorresti sapere come ridurre i costi, Impostare una strategia commerciale e ottimizzare le performance aziendali?
Scarica subito tutti i nostri segreti racchiusi in 3 Ebook di Azienda Formula – CLICCA QUI