La riforma del 2003 ha eliminato per le s.p.a. e le s.r.l. il requisito dell’esuberanza del CS rispetto all’oggetto sociale. Può però esser reintrodotto convenzionalmente nello statuto. L’interesse maggiormente tutelato in materia è quello dei creditori. Il pregresso requisito dell’esuberanza, a causa della sua genericità, aveva generato incertezza in dottrina e in giurisprudenza, rendendo evidente la sua inidoneità a disciplinare in maniera sicura e soddisfacente gli interessi sottesi all’operazione in esame. La dottrina riteneva che la norma mirasse a proteggere gli interessi delle minoranze sociali contro gli abusi della maggioranza e che fosse orientata a proteggere il livello di investimento posto in essere da ciascun socio nel rispetto del principio di parità di trattamento; la giurisprudenza invece riteneva che la norma tutelasse un interesse generale, volendo evitare che si restituissero ai soci beni destinati all’attività sociale prima che fossero soddisfatti i creditori della società. La tutela del ceto creditorio ora è tutelata solo in sede di opposizione: la soppressione del requisito dell’esuberanza sprigiona i propri effetti solo entro i confini della società attagliandosi alle istanze di tutela di cui sono portatrici le minoranze sociali. La maggioranza ha ampio margine di manovra nell’adozione di una delibera di riduzione reale del CS; non c’è più alcun limite esterno che circoscriva l’operazione tenuto conto dell’ampiezza dell’oggetto sociale.
Il sorteggio si regge su un principio generale: parità di trattamento. L’equa ripartizione del rischio di soppressione della partecipazione sociale sottesa al sorteggio è idonea a soddisfare il principio testé evocato posto che è in grado di appianare, sotto il profilo dell’incidenza probabilistica di uscita dalla società, la posizione dei soci di maggioranza e di minoranza. Il sorteggio è ammissibile nella srl.
La questione della riduzione con l’assegnazione di beni in natura. Occorre prendere partito circa la possibilità di provvedere al rimborso dei soci, conseguente all’adozione della decisione di riduzione reale del CS non opposta dai creditori, con beni di proprietà della società. Parte della dottrina ha negato tale modalità attuativa della riduzione reale precisando che l’autonomia privata non sarebbe in grado di veicolarla in quanto non conforme ai principi informatori del sistema societario italiano. Altra parte della dottrina, maggioritaria, sostiene che nulla osti a declinare in tale modo l’autonomia privata, anche a maggioranza, purché: tutti i soci abbiano diritto ad ottenere lo stesso bene, anche in comunione, o gli stessi beni; e venga garantito al debitore ceduto l’adempimento del credito oggetto di rimborso al socio.
La competenza alla delibera di riduzione del CS è dei soci e la modalità con la quale potranno assumerla è assembleare. Non può essere delegata all’organo amministrativo. Il quorum, determinando una modificazione dell’atto costitutivo, prevede che la decisione di riduzione volontaria dovrà essere assunta col voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del CS. La decisione in esame determina una modificazione dell’atto costitutivo e andrà quindi iscritta nel registro delle imprese. Opposizione dei creditori alla decisione di aumento. La selezione dei soggetti a cui spetta la tutela sopra indicata è effettuata sulla scorta della risultanza di tale Registro posto che potranno opporsi alla decisone solo i creditori “anteriori”, che vantano ragioni di credito temporalmente più remote rispetto alla decisone che depotenzi l’impianto di garanzie sul quale costoro fecero affidamento allorché si determinarono ad interfacciarsi con la società. Potranno proporre opposizione, impedendo che la decisione produca effetto, i creditori che: vantino una ragione di credito anteriore all’iscrizione della decisione presso il competente Registro delle imprese; dimostrino di avere subito un pregiudizio da tale decisone ossia che sia stato alterato il regime di garanzia che costoro poterono valutare al tempo in cui il credito sorse. L’autorità giudiziaria potrà, ove riscontri l’insussistenza del pregiudizio o la presenza di idonea garanzia, disporre che l’esecuzione della decisione abbia luogo anche dopo l’opposizione.
La clausola ripristinatoria dell’esuberanza ed il divieto statutario di riduzione volontaria.
Riduzione volontaria e società in liquidazione: determina un effetto che viene colto come contraddittorio rispetto allo scopo di liquidazione in quanto: mentre lo scopo di liquidazione è di conservare il patrimonio esistente per pagare tutti i debiti e ripartire l’attivo tra i soci, la riduzione reale ha come scopo “travasare”, in via immediata e diretta, ricchezza dalla società ai soci.
La delibera non può essere “eseguita” se non decorsi 90 giorni:
Se la revoca della delibera di riduzione del CS si riconnette all’efficacia della delibera, sarà revocabile: sino al 90° giorno dall’iscrizione nel Registro delle Imprese se non è stata opposta; sino al conseguimento dell’efficacia ai sensi di legge se è stata opposta.
Se la revoca della delibera di riduzione del CS si riconnette all’esecuzione della medesima si avranno risultati differenti. Avremmo una riduzione attuata secondo modalità restitutorie (il limite alla revoca sarà l’inizio di tali attività); o riduzione attuata secondo modalità liberatorie (non essendoci un’attività esecutiva dell’organo amm la delibera sarà revocabile sino al decorso dei 90 gironi dall’iscrizione nel Registro delle imprese e sempre che non vi sia stata opposizione).
La riduzione reale del CS va fatta con modalità collegiali. La riduzione reale del CS legittima l’opposizione dei creditori dall’iscrizione nel registro delle imprese della decisione.
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