La chiusura del fallimento e i casi di chiusura; il fallimento si chiude quando si accerta l’avvenuto raggiungimento degli obiettivi (chiusura satisfattiva) in vista dei quali è stato aperto oppure quando si accerta, al contrario, l’impossibilità del raggiungimento degli obiettivi previsti (chiusura non satisfattiva).
Indice della guida
Art. 118 legge fallimentare sulla chiusura del fallimento
- in caso di mancata proposizione, nel termine fissato dalla sentenza di fallimento, di domande di ammissione al passivo;
- quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale, le ripartizioni effettuate raggiungano i crediti ammessi ovvero se, comunque (quindi anche per interventi compiuti fuori della procedura), i debiti sono estinti e sono pagati anche tutti i debiti e le spese in prededuzione;
- quando sia stata compiuta la ripartizione finale di tutto l’attivo realizzato;
- quando viene accertato, nel corso della procedura di fallimento, che l’attivo realizzabile non sarebbe sufficiente a soddisfare, neppure in quota parte, i crediti concorsuali, i crediti in prededuzione e le spese di procedura.
Il legislatore ha introdotto anche una forma di chiusura del fallimento “anticipata” della procedura fallimentare, prevedendo la possibilità di chiusura del fallimento quando l’attivo immobiliare o mobiliare è stato integralmente liquidato, pur in presenza di giudizi ancora pendenti. E’ una ipotesi “atipica” che interviene quando non tutto l’attivo è stato liquidato (le cause attive costituiscono parte integrante dell’attivo fallimentare, potendo apportare significative utilità ai creditori)
Il procedimento di chiusura del fallimento
A rt. 17 l. fall., su istanza del curatore, del debitore o d’ufficio, sentiti il comitato dei creditori ed il fallito (solo nel caso in cui la chiusura del fallimento dipenda da mancanza di attivo di cui al n. 4) non sia ancora stato approvato il programma di liquidazione).
Il decreto di chiusura del fallimento o, in alternativa, il decreto con cui è respinta la richiesta di chiusura possono essere reclamati, ai sensi dell’art. 26 l. fall., innanzi alla corte d’appello e in seguito (entro 30 gg) in cassazione.
Il decreto di chiusura del fallimento acquista efficacia solo quando è diventato definitivo (mancata proposizione del reclamo o rigetto in via definitiva del reclamo proposto). Il curatore conserva la legittimazione processuale, eventuali nuove somme vengono ripartite ulteriormente.
Gli effetti della chiusura del fallimento
Il fallito riacquista la disponibilità e l’amministrazione dei propri beni, venendo meno lo spossessamento, e cessano anche gli effetti di natura personale nei confronti del fallito stesso.
Nel caso di chiusura del fallimento non satisfattiva il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese.
I creditori riacquistano il potere di agire nei confronti del debitore tornato in bonis per la parte dei propri crediti rimasta insoddisfatta, nonché per gli interessi.
La riapertura del fallimento
Quando il fallimento si chiude per una causa “non satisfattiva”, si può eventualmente procedere ad una riapertura della procedura nel caso in cui sopravvengano beni o vi siano offerte di terzi che possano rendere vantaggiosa tale riapertura per i creditori.
La riapertura può essere disposta entro cinque anni dal decreto di chiusura del fallimento quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.
Legittimazione
La richiesta di riapertura può essere formulata dal debitore o da qualunque creditore
ed il provvedimento viene disposto dal tribunale con sentenza.
Art. 121 l.fall. sentenza di riapertura richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo, e stabilisce i termini per la presentazione delle domande di ammissione al passivo, eventualmente abbreviandoli non oltre la metà; è pubblicata con le modalità previste dall’art. 17 l.fall. e può essere reclamata innanzi alla Corte di Appello ai sensi dell’art. 18 l.fall.
L’esdebitazione
Consente all’ex fallito, di essere liberato dai crediti concorsuali concorrenti (crediti ammessi al passivo del fallimento) non soddisfatti, nonché dai crediti concorsuali non concorrenti (crediti anteriori al fallimento per i quali non sia stata proposta domanda di ammissione al passivo, nei limiti di quanto eccede rispetto alla percentuale riconosciuta ai creditori di eguale grado in sede concorsuale).
Il procedimento e gli effetti
Concesso al solo fallito persona fisica, a condizione che sussistano determinati requisiti di “ meritevolezza” (art. 142 l.fall.):
- abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
- non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
- non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48 l.fall. (corrispondenza);
- non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei 10 anni precedenti la richiesta;
- non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
- non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione; se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale.
Il provvedimento di esdebitazione è disposto dal tribunale, d’ufficio o su richiesta del fallito, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell’articolo 26 l.fall.