Aumento reale e gratuito di capitale nelle srl
Per aumentare il capitale a pagamento è necessario:
Per la s.r.l., a differenza della s.p.a., si statuisce solo che «la decisione di aumento di capitale prevede le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a 30 gg da quando viene comunicato ai soci che l’aumento di capitale può essere sottoscritto». C’è spazio all’autonomina privata, che però deve conformarsi ai generali canoni di correttezza e buona fede contrattuale. Nella srl l’offerta di sottoscrizione non è pubblicata nel registro delle imprese, ma è comunicata ai soci con avviso al domicilio del socio (risultante dal Registro delle imprese) o ai soci in assemblea. Non è ammissibile sostituire la comunicazione ai soci con altre forme pubblicità quali l’iscrizione della deliberazione nel Registro delle imprese o la sua trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Nella srl, a differenza della spa, il termine per la sottoscrizione va previsto dalla decisione. La sottoscrizione dell’aumento di capitale, come nella s.p.a., può essere contestuale o successiva alla decisione:
Il diritto di sottoscrizione è il diritto dei soci attuali di sottoscrivere, in proporzione delle partecipazioni possedute, l’aumento di capitale sociale a pagamento. Il Legislatore (nella s.r.l.) ha utilizzato il termine «diritto di sottoscrizione» invece di «diritto di opzione», ma il diritto di sottoscrizione equivale al diritto di opzione della s.p.a. Si è posta la questione se, per la cessione a terzi del diritto di sottoscrizione, serva la previsione statutaria dell’art. 24811 bis cc (serva che lo statuto preveda che l’aumento di capitale possa essere offerto a terzi), o sia necessaria la previsione dell’art. 24812 bis cc (serva che la delibera consenta la collocazione dell’inoptato presso terzi). Senza limiti alla circolazione, anche se lo statuto non consentisse l’offerta dell’aumento a terzi o la delibera non consentisse la collocazione dell’inoptato presso terzi, il socio potrebbe ottenere lo stesso risultato sottoscrivendo l’aumento e cedendo poi la nuova quota sociale al terzo. L’esclusione del diritto di sottoscrizione è disciplinata dall’art. 24811 bis cc, in base al quale «l’atto costitutivo può prevedere che l’aumento di capitale possa essere attuato anche con offerta di quote di nuova emissione a terzi; allora spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso». A differenza che nella s.p.a., nella s.r.l. l’esclusione del diritto alla sottoscrizione preferenziale è possibile solo se è prevista dall’atto costitutivo. C’è maggiore considerazione che il Legislatore attribuisce, nelle s.r.l., alla posizione individuale del singolo socio. Se l’atto costitutivo nulla prevede bisogna effettuare un «doppio passaggio»: inserire nello statuto la previsione astratta della possibilità di aumentare il capitale con offerta delle quote di nuove emissioni a terzi; e deliberare il concreto aumento di capitale con esclusione dell’opzione. È discusso se l’inserimento nello statuto della possibilità di escludere l’opzione debba essere introdotto col consenso di tutti i soci o deliberato a maggioranza. Il socio di minoranza è sempre tutelato dal diritto di recesso. È possibile adottare la delibera in esame, anche senza espressa previsione statutaria, purché sia adottata col voto favorevole di tutti i soci partecipanti alla società. Nella s.r.l., a differenza che nella s.p.a., l’unica ipotesi di esclusione dell’opzione disciplinata dal Legislatore è l’esclusione per ingresso in società di terzi. Non è disciplinata, invece, l’esclusione del diritto di sottoscrizione per conferimento in natura dai soci; sono possibili tre soluzioni:
Nella s.r.l., a differenza che nella s.p.a., quando è escluso o limitato il diritto di sottoscrizione non è necessaria l’osservanza di alcuna formalità (relazione degli amm, deposito presso la sede sociale) né vi è alcun obbligo di motivazione nel verbale assembleare. Permane però la necessità della relazione di stima in caso di conferimento in natura. La decisione di aumento di capitale prevede l’eventuale soprapprezzo. Nella la s.r.l. il sovrapprezzo è:
L’aumento è inscindibile, salva diversa indicazione. Se entro i termini fissati dalla legge l’aumento non è stato interamente sottoscritto l’operazione non produce alcun effetto e la società dovrà restituire quanto già ottenuto a titolo di conferimento. L’autonomia privata può alterare detta regola prevedendo la scindibilità dell’aumento del capitale sociale ossia una diversa articolazione dell’operazione.
L’aumento oneroso di capitale è disciplinato dagli artt. 24812 e 2481 bis c.c. Per il caso in cui il conferimento sia in denaro, i sottoscrittori dell’aumento di capitale devono, alla sottoscrizione, versare alla società almeno il 25% della parte di capitale sottoscritta. Per il caso in cui il conferimento sia di beni in natura o crediti, le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate alla sottoscrizione. Serve relazione di stima per i conferimenti in natura, allegata al verbale di aumento. Al pari che nella s.p.a. si ritiene applicabile l’art. 24643 c.c., dove «se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro». Affinché possa essere deliberato un aumento con conferimento in natura, è necessaria un’espressa previsione dell’atto costitutivo. Qualora lo statuto non preveda la fattispecie sarà necessario modificare l’atto costitutivo ove si voglia deliberare un aumento di capitale da liberarsi con conferimento in natura. In alternativa sarebbe possibile adottare la delibera senza prima modificare l’atto costitutivo, purché la delibera sia adottata all’unanimità. Fra le modalità di liberazione dall’obbligo di conferimento c’è anche la compensazione con un credito verso la società: riqualificazione contabile di un debito in capitale sociale . È possibile effettuare un conferimento atipico. L’ampliamento delle entità conferibili e la necessità di costruire la disciplina ad essi applicabile ha condotto parte della dottrina, dopo il 2003, a cercare di ricondurre ad unità le varie tipologie di conferimento non codificate grazie ad un meccanismo di sussunzione entro le classi, che hanno assunto carattere “generale”, dei conferimenti in natura e di opera e servizi.
Dal 2003 l’aumento gratuito di capitale è disciplinato, nella s.r.l., dall’art. 2481 ter c.c. il quale stabilisce che: la società può aumentare il capitale imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili; qui la quota di partecipazione (% di partecipazione al capitale) di ciascun socio resta immutata. È una semplice ricollocazione delle risorse già acquisite. Sotto l’aspetto operativo l’operazione in commento si connota per: una diversa allocazione contabile di risorse di cui la società è già titolare col contestuale assoggettamento delle stesse al più stingente vincolo di indisponibilità del capitale sociale rispetto alle altre voci di cui si compone il netto patrimoniale; l’impiego di riserve e fondi “in quanto disponibili”; la necessità della predisposizione di una situazione patrimoniale aggiornata, ad una data non antecedente a 120 gg, dalla quale emergano le poste all’uopo utilizzabili allorquando non possa essere impiegato il bilancio perché approvato oltre sei mesi prima della decisione di cui si discorre; la sua inidoneità ad alterare i rapporti di forza correnti tra i soci posto che la medesima si sostanzia in un incremento, proporzionale, della partecipazione di cui ciascuno è titolare. Il divieto di modificazione delle quote di partecipazione nell’aumento nominale. L’aumento gratuito del capitale sociale non comportando nuovi esborsi per i soci, va a vantaggio di tutti i soci, e non può dare luogo a mutamenti nella composizione della compagine sociale e non può alterare la partecipazione al capitale dei singoli soci. La deroga della ripartizione non proporzionale di partecipazioni è superabile se c’è il consenso unanime dei soci posto che la stessa presidia un interesse solo privatistico che si appunta in capo ai medesimi. L’aumento a pagamento del capitale sociale comporta l’aumento del patrimonio sociale. Per l’aumento oneroso del capitale sociale in società possono esser conferiti beni in natura (serve la perizia di stima), crediti e denaro. Il principio di incremento delle partecipazioni dei soci in proporzione a quelle cui fossero stati titolare prima dell’aumento gratuito è derogabile all’unanimità.