Nella srl c’è libera circolazione per il trasferimento delle partecipazioni. Le partecipazioni sono liberamente trasferibili, tanto per atto tra vivi quanto mortis causa, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo. La soluzione offerta del Legislatore della riforma mette in luce la duplice anima dell’autonomia privata in materia di circolazione delle partecipazioni: quella impersonata dal titolare della quota nel decidere tempi, modi e destinatari del trasferimento; quella della collettività dei soci nel porre limiti alla circolazione. La clausola di salvezza configura il modello societario a responsabilità limitata come una struttura multiforme plasmabile, a seconda delle esigenze dei soci, dall’autonomia privata. Quest’ultima, ove veicolata dall’atto costitutivo, consente di modellare il tipo sociale secondo le esigenze tenendo fermo tale assetto di interessi in fase circolatoria, atteso che la le scelte effettuate mantengono la loro attualità anche in ipotesi di trasferimento della partecipazione, risultando vincolanti per i nuovi soci che, acquistandole, condividono la configurazione data all’ente dai soci fondatori. L’ampio margine concesso all’autonomia privata dal modello societario in esame fa si che i componenti della base sociale possano decidere di non affidare all’atto costitutivo le loro scelte sul regime circolatorio delle partecipazioni, ma ricondurle alla dimensione parasociale. A differenti esigenze attuate con l’impiego di strumenti diversi consegue una forma di protezione coerente alle scelte poste in essere. Per il caso in cui si preferisca la dimensione contrattuale a quella sociale per la configurazione degli aspetti in questione le regole di disciplina e gli strumenti di reazione avverso potenziali violazioni dei predetti accordi seguiranno la via contrattuale in luogo di quella apprestata dal diritto societario. L’accordo contenuto in un contratto con il quale si sia disposto della partecipazione come oggetto della futura successione ed in favore di determinati soggetti, crea interferenze convenzionali in favore di tali soggetti, con i meccanismi approntati dall’ordinamento per gli acquisti mortis causa.
Indice della guida
Autonomia dei soci
L’autonomia dei soci può sempre derogare alla libera circolazione.
- ipotesi in cui l’accrescimento, in capo ai soci superstiti, avvenga a titolo gratuito: integra un patto successorio atteso che la partecipazione sociale non seguirebbe, in caso di evento infausto, le regole devolutive tipiche della successione del socio defunto, ma andrebbe a beneficio di soggetti già ben determinati nell’accordo sociale ossia i soci superstiti;
- ipotesi in cui l’accrescimento, in capo ai soci superstiti, avvenga dietro corrispettivo: dove è previsto il pagamento di un corrispettivo a favore degli eredi del socio defunto la clausola non integra un patto successorio vietato atteso che non sarebbe idonea a creare il vincolo giuridico con il quale si vuole trasferire un bene dell’eredità futura, ma si stabilirebbe solo un limite alla libertà testamentaria che si stempera, giustificandosi, nelle peculiari esigenze societarie. Nel patrimonio del socio defunto gli eredi di quest’ultimo non troveranno più la partecipazione sociale, ma il suo controvalore in denaro.
Clausole di gradimento
Gradimento rispetto all’ingresso di nuovi soci in società può esser mero o non mero
Le clausole di mero gradimento. La clausola di gradimento può atteggiarsi a gradimento mero ossia prevedere che il soggetto deputato ad esprimerlo o a negarlo non debba motivare la propria scelta. Quest’ultima potrebbe esser arbitraria. In tal caso l’art. 24692 c.c. concede al soggetto che intenda disinvestire il diritto di recesso. Tale limite alla circolazione delle partecipazioni è disciplinato dall’art. 24692 c.c., per il quale “qualora l’atto costitutivo subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti il socio può esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art 2473”.
Non sembra sufficiente ad escludere la sussistenza del gradimento mero la previsione di un obbligo di motivazione afferente all’eventuale rifiuto del placet dal soggetto o dell’organo deputato ad esprimerlo giacché la motivazione non costituisce un limite all’esercizio del potere discrezionale, ma un vincolo procedimentale che consente, a ritroso, di verificare l’iter seguito nell’esercizio di tale potere. Il gradimento motivato rientra nel perimetro operativo tracciato dall’art. 2469 c.c. posto che all’alienante non risulta garantita la possibilità di disinvestire.
La clausola di gradimento può atteggiarsi a gradimento non mero ossia sottoposto a limiti o condizioni. In tal caso il soggetto deputato ad esprimerlo o a negarlo deve rispettare la regola di giudizio, predeterminata ed obiettiva, fissata nello statuto. Le valutazioni sulla sussistenza dei requisiti richiesti dallo statuto potranno essere espletate solo nella fase di acquisto della qualità di socio e sono circoscritte al semplice accertamento della loro ricorrenza sulla scorta del tracciato statutario.
Tale fattispecie non è espressamente disciplinata dal Legislatore, ma rientra nella previsione dell’art. 2469 c.c. e non da luogo a recesso. A queste clausole vengono accomunate quella di gradimento alla francese ossia quelle per cui alla negazione del placet è contestuale l’individuazione ad opera di chi ha formulato il giudizio negativo di un soggetto gradito che acquisti la partecipazione alle medesime condizioni. Le clausole di prelazione impongono al socio che intenda alienare, in tutto o in parte, la propria partecipazione sociale di preferire, a parità di condizioni, gli altri soci ai terzi. È una limitazione alla libertà contrattuale del socio cedente in ordine alla scelta dell’altro contraente (il soggetto cessionario) e non in relazione alle condizioni del negozio di cessione (prezzo, modalità di pagamento). Nel caso in cui la clausola non sia inserita nello statuto ciascun socio potrà determinare: il contenuto del negozio di cessione; il soggetto con il quale contrattare. Nell’ipotesi opposta residuerà in capo ciascun socio solo il diritto a determinare il contenuto del contratto di cessione, dal momento che si è obbligato a preferire, a parità di condizioni, gli altri soci in caso di cessione delle partecipazioni di cui è titolare.
Prelazione nelle società
La carenza di un referente normativo complica la ricostruzione della sua natura giuridica posto che, da un lato, il Legislatore ha riconosciuto che vi possano essere clausole limitative della circolazione delle partecipazioni e, quindi, anche che le parti possano introdurre nello statuto una clausola di prelazione, mentre, dall’altro lato, non ha attribuito a ciascun socio un diritto di prelazione legale. Il diritto di prelazione, in àmbito societario, deve essere tenuto distinto dalle ipotesi di prelazione legale, essendo più vicina alla prelazione volontaria, ancorché, rispetto ad essa, la prelazione societaria riceva un regime di pubblicità (iscrizione nel registro delle imprese dello statuto), che ne rende peculiare la disciplina. La prelazione opera a parità di condizioni: la libertà del cedente viene limitata in ordine alla scelta del contraente, ma non nella determinazione del contenuto del negozio di cessione. In àmbito societario, similmente a quanto accade per la prelazione volontaria, non si ravvisa un interesse di carattere pubblicistico idoneo ad alterare questo principio. La prelazione potrà trovare applicazione solo se la prestazione è fungibile. Se la prestazione a cui è tenuto il cessionario fosse infungibile, il prelazionario non potrebbe, a parità di condizioni, prenderne il posto.
Comunemente si ritiene che la prelazione societaria risponda all’interesse dei soci di:
- evitare l’ingresso in società di soggetti non graditi: interesse tutelato predisponendo una clausola di prelazione relativa o una clausola di gradimento;
- conservare inalterato il proprio peso nella società: interesse tutelato predisponendo una clausola di prelazione assoluta, in quanto a ciascun socio sarebbe consentito, proporzionalmente alla quota di cui è titolare, di acquistare la quota del cedente per mantenere inalterato il peso % ad egli riconosciuto, prima della cessione, in società.
Denuntiatio e prelazione
Una parte della dottrina riconosce nella clausola di prelazione l’esistenza, accanto all’interesse dei soci, di un interesse della società, ravvisabile nell’omogeneità della compagine, la quale renderebbe maggiore l’efficienza funzionale dell’ente. Se a questo si aggiunge il ragionamento talvolta svolto dalla giurisprudenza di legittimità, la quale osserva come l’introduzione statutaria di detta clausola serva ad emancipare la stessa dalla semplice dimensione privata, attribuendole carattere sociale, apparirà chiaro come vengano in gioco anche interessi diversi da quelli dei soci.
- Alcuni qualificano la denuntiatio come una vera e propria proposta contrattuale (un medesimo atto giuridico non può produrre un effetto antitetico a seconda della reazione che pone in essere il soggetto destinatario);
- Altri la qualificano come una mera dichiarazione di intenti avente una doppia valenza in quanto: se viene rifiutata dal prelazionario libera l’offerente;se viene accettata dal prelazionario non vincola l’offerente atteggiandosi a “sondaggio” sulla volontà del prelazionario inidoneo a produrre obblighi.
La denuntiatio deve contenere tutti gli elementi necessari ad informare i soci con riferimento al contenuto del contratto di cessione. L’unico dubbio si ravvisa sulla necessità, senza un’apposita previsione statutaria, che la denuntiatio debba contenere le generalità del terzo offerente (il cessionario scelto dal cedente). Denuntiatio cumulativa: riguarda più partecipazioni sociali. Qui il diritto ad essere preferito potrà essere esercitato dal titolare anche in ragione frazionaria quando la proposta risulti scindibile ossia quando il proponente ebbe intenzione di comunicare volontà dispositive tra loro concettualmente dissociabili.
Prelazione a prezzo amministrato
La prelazione a prezzo amministrato evoca una declinazione della clausola di prelazione impropria ossia quella che prescinda dal requisito della parità di condizioni, producendo un vulnus rispetto allo stesso. Nel caso in cui tale clausola sia inserita nello statuto l’autonomia dei soci sarà incisa, sia sotto l’aspetto della determinazione del contenuto del negozio di cessione, sia sotto l’aspetto della scelta del soggetto con il quale contrattare. Nel caso di specie è il meccanismo di calcolo del corrispettivo ad essere strutturato in modo tale da deprezzare statutariamente la partecipazione sino al punto di rendere sconveniente per il socio l’esercizio del suo potere dispositivo con riferimento alla quota di cui è titolare. La dottrina ritiene che ai soci debba esser concesso il diritto di recesso.
Il riscatto (in caso di trasferimento della quota inter vivos o mortis causa): al verificarsi di un dato evento, la partecipazione di un socio viene trasferita ad altro soggetto o ad una categoria di soggetti. A fronte dell’intento conservativo del socio titolare, la partecipazione viene fatta circolare sulla scorta della verificazione di un dato evento previsto nello statuto.
Clausola di consolidazione (o accrescimento). È lecita se in caso di morte del socio, la sua quota si accresce ai soci superstiti in proporzione. È discusso se la clausola legittimi il recesso di per sé ossia anche dal socio quando era ancora in vita o se legittimi il recesso, dopo la morte del socio, solo dagli eredi. A differenza che nel caso di intrasmissibilità mortis causa in caso di accrescimento la liquidazione della quota agli eredi è effettuata dai soci superstiti e non dalla società.
Clausola di opzione dei soci superstiti (in caso di trasferimento della quota inter vivos o mortis causa). È ammissibile una clausola che attribuisca ai soci superstiti il diritto potestativo di acquistare, entro un dato periodo e ad un valore da determinarsi giusta parametri prestabiliti, da un socio o dai suoi eredi del defunto socio la partecipazione. Nella Srl a differenza che nella spa, il diritto di opzione non può essere attribuito alla società, ma solo ai soci superstiti, preso atto del divieto di acquisto di quote proprie ex art. 2474 c.c.
Se il socio attributario di un particolare diritto concede in pegno o usufrutto la partecipazione sociale, il diritto particolare spetta al socio. La tutela contro la deroga alla libera circolazione delle partecipazioni è il diritto di recesso. La clausola di prelazione societaria è sempre ammissibile. La parità di condizioni è un requisito essenziale della clausola di prelazione propria. Nella srl il divieto di cessione delle partecipazioni è sempre ammissibile perché contemperato al diritto di recesso. In caso di clausole limitative alla circolazione, il recesso non può esser esercitato entro due anni. La previsione di un obbligo di motivazione al rifiuto del gradimento continua a farlo rimanere mero.