La postergazione del rimborso ai soci finanziatori rispetto ai creditori sociali opera anche nel caso di ordinario funzionamento della società.
Indice della guida
Responsabilità degli amministratori
- gli amministratori che rimborsino il prestito in pendenza di postergazione sono responsabili verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi di conservazione della consistenza del capitale sociale;
- i creditori sono legittimati a sperimentare avverso il rimborso del finanziamento ai soci, l’azione revocatoria;
- la società potrebbe agire, ai sensi dell’art. 2041 c.c., nei riguardi del destinatario del rimborso atteso che, per la postergazione legale, l’attribuzione in suo favore risulta priva di causa.
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Effetti della dichiarazione di fallimento
La dichiarazione di fallimento rende, di diritto, inefficaci i pagamenti effettuati dalla società nell’anno anteriore al rimborso di prestiti sostitutivi di capitale. Da ciò discende: l’obbligo per il socio finanziatore di restituire alla massa quanto ricevuto; e il diritto ad insinuarsi nel passivo come creditore postergato. Questa è una conseguenza automatica del fallimento della società.
Riferimenti normativi e conseguenze del fallimento
La norma presenta delle affinità, sotto il profilo concettuale ed effettuale, con la revocatoria legale disciplinata dall’art. 65 L.F. I due istituti presentano, tenuto conto degli interessi che mirano a soddisfare, un perimetro temporale differente atteso che quello regolato dall’art. 65 L.F. ha un’estensione doppia (2 anni) rispetto a quello qui in esame (1 anno). La sussunzione del caso in esame entro la classe delle “revocatorie di diritto” consente di predicare l’inefficacia del rimborso dei finanziamenti ai soci finanziatori nel caso: di fallimento della società; di apertura di altre procedure concorsuali che prevedano l’applicabilità dei rimedi fallimentari contro gli atti pregiudizievoli per i creditori. In caso di contestazione in ordine alla sussistenza dei requisiti operativi dell’art. 2467 c.c. sarà necessario incardinare un giudizio di accertamento nel quale il curatore fallimentare dovrà provare la ricorrenza dei medesimi onde rendere inefficaci i rimborsi affettati in favore dei soci finanziatori ad opera dell’organo amministrativo del cui operato si discute. I rimborsi dei finanziamenti postergati avvenuti più di un anno prima della dichiarazione di fallimento possono essere impugnati dal curatore con l’azione revocatoria ordinaria o l’azione di ingiustificato arricchimento il quale, però, dovrà provare la sussistenza dei presupposti necessari per l’accoglimento della domanda.
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Considerazioni sulla postergazione
Le considerazioni che precedono consentono di superare le apparenti contraddizioni che potrebbero essere rinvenute mettendo in relazione gli effetti del rimborso anticipato dei finanziamenti dei soci finanziatori col regime di irrevocabilità di taluni atti fissato dalla normativa fallimentare. Il dubbio non esiste in quanto l’art. 67 c.c. riguarda atti sottratti all’azione revocatoria, mentre l’inefficacia del rimborso dei finanziamenti postergati è riconducibile non già alla revocatoria giudiziale, bensì a quella legale disciplinata dall’art. 65 L.F.
Diritti dei soci finanziatori postergati
I soci finanziatori postergati, in quanto creditori, sono legittimati a presentare opposizioni ed impugnazioni contro lo stato passivo. I finanziamenti da loro effettuati in favore della società poi fallita, sono da conteggiare ai fini dell’accertamento dei requisiti dimensionali di fallibilità di cui all’art. 1 L.F., ma non vanno conteggiati tra i debiti “scaduti e non pagati” ai fini dell’art. 15 L.F. La postergazione non comporta l’ammissione, con riserva, al passivo fallimentare atteso che la passività postergata è certa, ma risulta incerta la sua liquidazione atteso che non è sicuro che, soddisfatte le ragioni di credito poziori, la consistenza patrimoniale della società ne consenta il rimborso.
Natura della postergazione legale
Per la passività oggetto di postergazione, il creditore postergato ha diritto all’ammissione, senza riserva, al passivo, ma con rango inferiore ai creditori chirografari (sotto chirografario). La dottrina qualifica la postergazione legale come un “antiprivilegio” atteso che, nel rispetto del principio di parità di trattamento fra i creditori e di graduazione dei crediti, i creditori postergati potranno partecipare alla ripartizione dell’attivo, benché non vi siano dati positivi di supporto, solo dopo l’adempimento dei crediti prededucibili, privilegiati e chirografari. La dottrina ipotizza la sussistenza di diversi gradi di “subordinazione sotto- chirografaria” e qualifica il finanziamento dei soci finanziatori come l’ultimo credito da soddisfare prima del rimborso dei conferimenti ai soci. Il socio finanziatore può ottenere il rimborso dopo ogni altro creditore, ma prima dei soci. La rilevanza della disciplina degli art. 2467 e quinquies abbraccia tutte le procedure concorsuali a connotazione liquidatoria.
Compensazione tra credito e debito
La dottrina esclude la compensazione fra credito postergato ex lege e debiti del socio verso la società fallita e questo è ritenuto inammissibile preso atto degli interessi sottesi alla previsione dell’art. 2467. La compensazione deve ammettersi solo se e quando la massa fallimentare è sufficiente per il pagamento dei crediti non subordinati. In caso contrario il socio indirettamente si avvantaggerebbe grazie ad elementi dell’attivo patrimoniale da destinare, invece, alla soddisfazione dei creditori sociali.
Finanziamenti dei soci nel concordato preventivo e fallimentare
I finanziamenti dei soci finanziatori nel concordato preventivo e fallimentare. La postergazione legale opera anche al di fuori delle procedure prettamente liquidatorie. La prima questione da analizzare concerne la possibilità di creare una classe composta da soci finanziatori. Solo dando una risposta positiva a tale quesito, acquista senso seguitare nell’analisi chiedendosi se tale classe possa essere soddisfatta a preferenza delle altre e se i suoi membri abbiano il diritto di votare per l’approvazione del piano. Anche qui, solo ove si riconosca ai creditori postergati ex lege il diritto di votare, assumerà significato l’interrogativo afferente il valore di tale manifestazione di volontà con riferimento al computo delle maggioranze.
Derogabilità degli effetti della postergazione
La derogabilità degli effetti della postergazione con la proposta concordataria. La prima questione da affrontare riguarda la possibilità di considerare i soci finanziatori destinatari della proposta concordataria, così da analizzare poi quale possa essere il loro ruolo ed in che misura possano essere soddisfatti. Alcuni dicono che i creditori postergati ex lege (se possono essere destinatari della proposta concordataria), non possono essere inseriti in una classe che contenga anche dei creditori chirografari o privilegiati. Non vi può essere commistione, nella medesima classe, fra creditori postergati e chirografari. Ma i creditori postergati possono costituire una classe autonoma o devono e essere esclusi del tutto dalla proposta concordataria? Nel concordato preventivo, a differenza che nella procedura fallimentare, la formazione delle classi è una deroga al concorso, non tanto perché rende possibile trattare come chirografari i creditori incapienti, ma perché è consentito, nell’ambito dei creditori chirografari, prevedere trattamenti differenziati in deroga al principio della par condicio creditorum. Tale deroga ha due limiti:
- il debitore, nella formazione delle classi, non può prescindere dal doppio criterio della natura giuridica del credito e dell’omogeneità degli interessi;
- il voto favorevole della classe può essere impugnato dai creditori della classe dissenziente, salvo che il giudice non ritenga che non sia per loro possibile ottenere un trattamento più favorevole. Si dice che non può essere negata a priori la possibilità di configurare una classe composta da soli soci finanziatori, anche se, nel predisporla, si dovrà tener conto della natura postergata del credito per quanto concerne i diritti “amministrativi” e “patrimoniali” dei suoi componenti.
Diritti di voto dei soci finanziatori
Altro problema è la questione se i soci finanziatori postergati sono ammessi a votare e i relativi crediti sono da includere nel calcolo delle maggioranze per l’approvazione del concordato. Il tema è oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale. La dottrina nega tale possibilità preso atto del rapporto che lega i finanziatori alla società e li pone in conflitto col ceto creditorio della medesima. Sembra escludere che ciò possa avvenire il principio ricavabile dal combinato disposto degli artt. 125, 127, 177, L.F. in forza del quale la genuinità del consenso espresso dal ceto creditorio non può essere minata dalla partecipazione volitiva di soggetti che possano avere interessi confliggenti con il medesimo. La dottrina tende ad estendere il principio sotteso all’art. 127 L.F. anche al concordato preventivo e fallimentare sulla scorta del rilievo per cui al medesimo deve essere riconosciuta portata generale. I soci finanziatori postergati sono ammessi agli accordi di ristrutturazione dei debiti, ma se la società poi dovesse fallire dovrebbero restituire quanto loro rimborsato.
Novità legislative
Novità legislative introdotte dall’art. 48 del D.L. 2010 n. 78407, convertito dalla legge 2010 n. 122 per rispondere alla crisi macroeconomica del sistema economico mondiale. Il nuovo art. 182 quater L.F. prevede la prededucibilità, in caso di successivo fallimento, dei crediti relativi ai finanziamenti che l’impresa abbia ottenuto da banche o intermediari finanziari in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo sulla ristrutturazione dei debiti omologato. Lo stesso trattamento è previsto, per i crediti derivanti dai finanziamenti ottenuti per sviluppare il processo di risanamento, i “prestiti-ponte”. La regola della prededucibilità, con deroga alla disciplina contenuta negli artt. 2467 e 2497-quinquies, opera anche per i finanziamenti dei soci, seppure nel limite dell’80% dell’ammontare. La dottrina ritiene che, anche per i finanziamenti dei soci, la prededucibilità sia subordinata alla condizione che gli stessi siano stati previsti nel piano di cui all’art. 160 L.F. o nell’accordo di cui all’art. 182-bis L.F.; che siano stati concessi solo dopo l’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo.
La prededuzione è riconosciuta esclusivamente, e solo per l’80% dell’ammontare del credito, ai finanziamenti, altrimenti soggetti a postergazione, effettuati dai soci finanziatori in esecuzione del concordato o dell’accordo di ristrutturazione. Non è riconosciuta a quelli precedenti i quali restano sottoposti alla disciplina imposta dall’art. 2467 c.c.. Il fatto che l’intervento del Legislatore sia volto ad accordare il beneficio della prededucibilità ai finanziamenti concessi alle imprese in crisi ribadisce la frantumazione del ceto creditorio. Quando la crisi d’impresa viene regolata facendo ricorso agli strumenti convenzionali, i creditori non si distinguono più in base alla loro natura prededucibile, privilegiata o chirografaria, ma in relazione agli interessi economici di cui sono portatori. La nuova disposizione prevede un regime di protezione, benché differenziato, per alcune categorie di creditori: banche; soci; professionisti attestatori.
Finalità delle nuove misure legislative
Ciò che accomuna tutte queste ipotesi è il fine per cui simili privilegi sono stati introdotti e, per comprenderlo, bisogna partire da una considerazione preliminare: un processo di ristrutturazione delle passività richiede l’acquisizione di nuove risorse. Il problema è che, trattandosi di un’impresa in crisi, coloro che vengono chiamati ad apportare tali risorse pretendono delle garanzie. Il nuovo art. 182-quater L.F sterilizza la sanzione della postergazione, e prevede una misura di stampo premiale che va in senso opposto ad essa: la prededucibilità del credito. Lo scopo di tale “svolta” è di stimolare l’afflusso di nuove risorse per consentire la buona riuscita del concordato.
Si chiede anche ai soci, se credono nel progetto di ristrutturazione regolativa della crisi, di fare la propria parte, assumendosi un impegno finanziario che non verrà più considerato un apporto a fondo perduto, come invece sarebbe se la postergazione operasse pienamente. La previsione di cui all’art. 182-quater L.F., presta il fianco anche a diverse critiche: è poco chiara nella formulazione; consentire ai soci finanziatori il beneficio della prededuzione potrebbe rivelarsi un mezzo di pressione dalle banche; nel disporre che il beneficio della postergazione, in deroga a quanto disposto dagli artt. 2467 e 2497-quinquies, si estenda anche ai finanziamenti concessi dai soci, fino a concorrenza dell’80% del loro ammontare, non specifica la sorte del restante 20%.
Partecipazione dei soci finanziatori agli accordi di ristrutturazione
Analizzando le interrelazioni tra la disciplina dei finanziamenti dei soci finanziatori e quella sul concordato preventivo, ci si può addentrare nel verificare quale sorte subiscano i prestiti dei soci, erogati nelle condizioni di squilibrio delineate dall’art. 2467 c.c., in una soluzione “stragiudiziale” e negoziale della crisi d’impresa, agli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dall’art. 182 bis L.F. La disciplina qui in analisi si differenzia dal concordato preventivo in quanto: non è richiesto il rispetto del principio della par condicio, che nel concordato preventivo può essere derogato solo con la suddivisione in classi, fermo restando il trattamento paritetico in ciascuna classe.
Poiché la legge richiede che l’accordo sia raggiunto con la partecipazione di una maggioranza qualificata dei creditori e non con un meccanismo di adesione allo stesso con una votazione cui partecipino tutti i creditori e che vincoli tutti i votanti, esso dovrà ritenersi vincolante solo per i creditori che vi aderiscono. In virtù del principio della libera disponibilità dei diritti individuali la prescritta maggioranza di almeno il 60% dei crediti potrà essere raggiunta con l’adesione di creditori di qualsivoglia specie. L’accordo deve essere raggiunto con la maggioranza (qualificata del 60%), ma non a maggioranza, i creditori non aderenti all’accordo dovranno essere soddisfatti integralmente e non sarà richiesta alcuna votazione. Rileva l’eventuale legittimazione dei soci finanziatori creditori a partecipare all’accordo, stante la previsione della postergazione concernente i loro crediti.
Il credito vantato dal socio finanziatore, se sorto in presenza delle condizioni delineate dall’art. 2467 c.c., può essere rimborsato laddove, alla scadenza del finanziamento postergato, la situazione finanziaria della società fa ritenere di poter soddisfare regolarmente le altre posizioni creditorie. Nel contesto di un accordo di ristrutturazione, si può escludere la sussistenza di una situazione che ne legittimi la rimborsabilità. Tali accordi presuppongono: il consenso di almeno tanti creditori che rappresentino il 60 % dei crediti; che vi sia l’idoneità del piano a soddisfare regolarmente i creditori che siano rimasti estranei all’accordo. In presenza di una manifestazione di volontà, rappresentativa di una scelta dei creditori chirografari di rinunciare ad un trattamento privilegiato, e vista la tutela accordata ai creditori estranei all’accordo tramite la condizione che impone l’idoneità del piano a soddisfare regolarmente gli stessi, non vi sarebbero prima facie ragioni ostative ad una partecipazione dei soci-finanziatori all’accordo di ristrutturazione. Gli unici dubbi che sembrano permanere riguardano l’esenzione di un siffatto accordo dall’azione revocatoria, stante la disposizione dell’art. 67 L.F. E’ consentita la partecipazione dei soci finanziatori agli accordi.
Considerazioni finali
È irrisolto il nodo sul coordinamento con l’art. 67 L.F., facendo presupporre che sul socio gravi l’eventuale obbligo di restituzione di quanto ricevuto, laddove poi intervenisse il fallimento. In caso di fallimento, il rimborso fatto in favore dei soci finanziatori entro l’anno dalla dichiarazione è revocato ex lege.