
Le operazioni straordinarie vanno a modificare gli equilibri di cui un’azienda gode, infatti turbano gli equilibri raggiunti durante la vita dell’azienda. Le operazioni straordinarie sono:
Acquisizione: l’acquisizione di un’azienda o un ramo di azienda, lo faccio per ampliare la gamma prodotto o per allargare la copertura geografica;
Fusione: per ottenere sinergie, o per ottenere economie di scala. La fusione è assimilata alle acquisizioni, quando c’è uno che ha il controllo e l’altro non ce l’ha;
Collocamento in borsa: lo si fa per finanziare la crescita, avere accesso a fonti alternative di finanziamento e ottenere liquidità;
Join venture: è una struttura societaria in cui non c’è un soggetto che controlla, sono due soggetti che la costituiscono insieme, dove si danno degli obiettivi specifici ed hanno una Governance comune.
Solitamente la joint venture si fa per accedere in un altro paese, oppure per accedere in un nuovo canale distributivo. Si ricerca un partner locale con cui collaborare;
Disinvestimenti: si fanno per focalizzarsi su specifiche aree di affari o ottenere liquidità. Può accadere che un gruppo venda una società, un’azienda oppure un ramo. Il disinvestimento potrebbe essere connesso ad un ciclo che si apre con una acquisizione, si chiude con un disinvestimento e si riapre con una nuova acquisizione.
I protagonisti delle operazioni straordinarie possono essere: le aziende produttive, ma anche i fondi investimento che sono operatori non industriali che comprano un’azienda, la gestiscono per circa 3 anni la valorizzano e poi la rivendono auspicalmente a di più di quanto l’hanno pagata, quando la rivendono entrano in un’altra acquisizione.
Con un’acquisizione industriale si ricercano principalmente sinergie sia verticali, estendendo verticalmente la catena del valore, oppure orizzontalmente ampliando la catena del valore.
Le cause di insuccesso sono riconducibili ad una inadeguata pianificazione ed implementazione delle diverse fasi del deal.
Un’ operazione straordinaria è un processo complesso che coinvolge una serie di attori: acquirente, società target, società di consulenza(che supportano l’acquisto e la vendita), banche (finanziatori), avvocati, fiscalisti/professionisti sono a supporto sia di chi compra che di chi vende e altri specialisti: ambiente, fondi pensione, ecc.
Indice della guida
Cosa è la due diligence
La Due Diligence è come il ragazzo che esce per la prima volta con la fidanzata si mette la camicia migliore che ha, per dimostrarsi meglio di quello che è o comunque al suo massimo, l’azienda che è in vendita fa la stessa cosa, la Due Diligence serve a capire quale è il vestito vero.
Si tratta di un’indagine conoscitiva su un target (business, società, gruppo di società) oggetto di un’operazione straordinaria effettuata da uno o più soggetti che hanno interesse a valutare in maniera approfondita lo stato degli affari del target spesso. Tale processo di investigazione è effettuato generalmente da un soggetto terzo indipendente, con lo scopo di evidenziare opportunità e rischi della transazione. L’obiettivo è dunque quello di ridurre le asimmetrie informative tra venditore e acquirente.
Sono obiettivi di una Financial Due Diligence
- Aiutare il potenziale acquirente a raccogliere in un unico documento una serie di informazioni finanziarie, patrimoniali, economiche e gestionali sul target oggetto di transazione (buy side assistance);
- Aiutare il venditore nella raccolta e organizzazione di informazioni finanziarie- legali-fiscali da rendere pubbliche ai potenziali acquirenti (vendor assistence) o preparare un documento che illustri la performance storia della società di cessione in un’ottica indipendente (vendor due diligence);
- Consente di riequilibrare il tavolo negoziale tra le parti fornendo all’investitore elementi base per la negoziazione del contratto;
- Definisce criticità e impatto delle stesse sugli elementi di base della valutazione e prezzo.
L’obiettivo generali della Due Diligence è aumentare il comfort dell’acquirente, nello specifico:
- Identificare business opportunities;
- Sostenibilità della profittabilità del business (EBITDA, EBIT);
- Valutazione critica della posizione finanziaria e della qualità degli utili mediante normalizzazione;
- Quantificazione e qualificazione delle sinergie;
- Analisi del mercato;
- Identificare contingent liabilities e potenziali deal brakers;
- Review indipendente del business plan predisposto dalla società;
- Identificazione di punti critici nella predisposizione del contratto di compravendita.
In un financial Due Diligence le principali domande che l’acquirente si pone sono:
- Il livello di profittabilità del business e se esso sia sostenuto nel futuro;
- Quali sono i driver del profitto e della cassa;
- Il livello di indebitamento societario;
- L’eventuale stagionalità del business ed il livello normale di capitale circolante netto necessario per la gestione.
Non c’è una definizione a priori delle analisi e procedure svolte in una Due Diligence, ma vengono definite con il cliente sulla base delle sue esigenze cognitive e rischi potenziali. Le parti comunque comuni sono la raccolta di informazioni generali, l’analisi di CE, SP, flussi di cassa e del Business Plan.
Due diligence che non deve essere confusa con le procedure di revisione (Audit), le principali differenze sono:
Passato (circa 3 anni) e futuro Vs passato (1 anno);
Scopo definito dal cliente Vs scopo definito dalla legge;
Accesso che può essere limitato Vs accesso illimitato;
Test di sostanza molto limitati Vs estesi;
Focus sui conti gestionali Vs bilancio civilistico;Report Vs opinion.
Il committente potrebbe anche dire che la situazione patrimoniale non gli interessa e vuole un’analisi solo sul conto economico, tutto dipende sempre da caso a caso, la Due Diligence è molto diversa dalla revisione, la Due Diligence è un ‘attività contrattuale quindi non è codificata, l’Audit invece è codificata. Con la Due Diligence si vanno a cercare cose diverse che vengono direttamente dalle richieste del cliente. Domanda: “Che differenza c’è tra Due Diligence e Audit?”
Ruolo della Due Diligence in un’operazione straordinaria
La Due Diligence può essere fatta sia al compratore che al venditore. Prendiamo il caso in cui la si fa all’acquirente, il target su cui va fatto il lavoro non è il cliente, quindi ci deve essere un accordo tra le parti che la Due Diligence avvenga. Nel momento in cui avviene però il venditore si vede arrivare in casa propria coloro che sono stati mandati da chi deve comprare, ecco quindi che il venditore avrà interesse nel dare ciò che gli serve a lui, quindi la Due Diligence è una situazione un pochino particolare.
Esempio: l’imprenditore vuole vendere, entra in contatto con l’acquirente, si mettono d’accordo per fare la Due Diligence, ma al management e a tutti i dipendenti non è stato detto che vuole vendere, l’ha detto solo a 2 o 3 persone chiave di cui si fida, quindi chi fa la Due Diligence ha la possibilità di parlare solo con queste, ad esempio con il direttore generale e il CFO, che non è detto che abbiano tutte le informazioni.
Esempio: azienda quotata ti permette di fare data-room, mettendo a disposizione solo alcuni documenti che possono essere solo consultati (Data-room può essere reale: in una stanza dove si deve lasciare fuori tutto, si possono prendere appunti senza portare via nessun documento o virtuale: accesso tramite computer). Mettendo a disposizione solo alcuni documenti può capitare che leggendone uno si nota che questo fa riferimento ad un altro, ma che quest’altro non vi è stata data la possibilità di consultarlo.
Qualunque sia l’operazione può essere scomposta in più fasi:
Prima del deal
È una fase di scelta del target. Le parti si devono ancora iniziare a guardare, ci deve essere chiarezza sulla motivazione del deal da entrambe le parti (devo sapere che cosa voglio fare). Chi compra deve imparare a conoscere il target deve essere un acquisto
meditato, infatti non si sta parlando di un bene di consumo si sta parlando di qualcosa che richiede un disegno dietro. A monte sarà dunque necessaria un’attività di screening per capire quale sia il target migliore. In questo posso essere assistito da un consulente. Nel momento in cui l’ho individuato il target, questo da un’immagine di se all’esterno che non è detto che rappresenti tutte le cose che bisogna sapere. In questa fase quindi mi faccio un’idea del disegno strategico, di cosa sto cercando, di cosa voglio fare, cerco di reperire più informazioni possibili sul target. Comincio a parlare con le contro parti e mi avvio all’interno della seconda fase.
Durante il deal
Le informazioni sul mercato sono insufficienti e alcune cose non le capisco. Avrò dunque maggiori dubbi e vorrei sapere di più, al fine di capire quanto vale il target. Quando effettuo delle azioni straordinarie bisogna tenere in considerazione anche dell’effetto sinergico, quando sono nella fase di deal devo cominciare a pensare anche quali potrebbero essere le sinergie, ciò è molto difficile da valutare, e infatti a volte si fanno valutazioni sulle sinergie troppo ottimistiche.
Un altro punto da prendere in considerazione è la mancanza di coinvolgimento del Top Management, specialmente nelle acquisizioni che poi si rilevano non di successo, e per quelle aziende che comprano, tanto che hanno addirittura all’interno hanno una funzione aziendale che si occupa di quello. A volte quando l’acquisizione diventa un’attività abbastanza sistematica il rischio è che il top management del compratore non sia adeguatamente informato e coinvolto, che porta poi ad operazione fatta ad avere degli sfridi, perché le ipotesi strategiche non sono coerenti con quelle al momento e quindi quell’acquisizione sarebbe stata di successo in un determinato contesto, con determinate azioni, ma questo non avviene se il compratore non le può fare oppure dopo il deal va in un’altra direzione. Solitamente la mancanza di coinvolgimento del Top Management in un’azienda medio piccola non accade, ma può avvenire in un gruppo molto grosso, dove il potere è frammentato, può succedere perché il Top management è impegnato in altro.
Post Deal
Dopo l’acquisizione le due aziende sono insieme, sia che siano fuse che siano controllate, perseguono in comune un obiettivo di gruppo. A questo punto si pone il problema di fare il piano strategico del gruppo. È quindi necessario che, dove voglio andare sia coerente con cosa può fare l’azienda in quel momento. Affinché il processo di acquisizione si concluda in modo positivo. È necessario che i due business vengano integrati. L’integrazione è l’inserimento del nuovo business in un gruppo nuovo, si parla di un sistema dove ci sono persone, assets e liabilities, è un sistema che ha dei valori, una cultura che deve andarsi ad integrare con un altro sistema con propri valori e cultura, integrarli vuol dire renderli idonei a lavorare insieme. Integrare i due sistemi significa renderli idonei a lavorare insieme.
Ad esempio: una multinazionale americana si compra un’azienda che fino al giorno prima era controllata dal comune. La multinazionale americana ha una cultura globale, anglosassone, un approccio manageriale, un elevato stretching (cioè se l’obiettivo è 10 intanto ti chiedo 15 poi dopo se ne ragiona), questa si deve integrare con un’altra azienda dove la cultura aziendale è molto diversa. Il giorno 1 del post deal mi trovo i dipendenti della seconda azienda che devono rispondere ad un manager che ragiona in modo diverso rispetto a quelli a cui sempre si sono interfacciati, e viceversa i manager devono avere a che fare con dei dipendenti abituati diversamente, per integrarsi c’è tutto un lavoro da fare. Se non vanno d’accordo posso licenziare, ma non è così facile anche perché l’attrattività dell’azienda poteva dipendere anche da come funzionava prima, potrebbe succedere che il sistema non funzioni più andando a cambiare tutti i dipendenti e il management. Inoltre bisogna tenere in considerazione i limiti al licenziamento e gli elevati costi da sostenere, infatti nell’attività di pre-deal e durante il deal questi costi di ristrutturazione erano stati messi a budget? Erano stati considerati tutti?
Ad esempio: in Italia dopo la seconda guerra mondiale il governo ha cercato di fare dei piani per il rilancio dell’economia, le aziende pre-esistenti che erano state convertite per il trasporto bellico vengono poste sotto un sistema di partecipazioni statali, in cui lo Stato attraverso l’Iri e l’Eni investiva nelle aziende per riconvertirle, per creare occupazione in Italia, quindi l’Iri e l’Eni acquisivano le società più grosse in una logica pubblica per rilanciare l’economia. Tra le aziende vi era anche la Nuova Pignone, che era sotto il regime delle partecipazioni statali; le aziende sotto questo regime tendevano a perdere a non avere equilibrio economico, perché facevano investimenti per massimizzare l’impatto occupazionale in Italia, non per massimizzare l’azienda. Il Nuovo Pignone era un’azienda che nonostante fosse sotto le partecipazioni statali era in utile, nel 1994 fu comprata da General Electric, i manager della Nuova Pignone fino ad all’ora avevano ragionato con logiche italiane, non pubbliche totalmente (sennò non starebbero stati in utile) ma comunque un po’ statali, il giorno 1 hanno dovuto avere a che fare con un management americano, per questa ragione il processo di integrazione tra culture è stato importantissimo. In generale ovviamente ce n’è una che sia afferma e una che soccombe, tendenzialmente quella dell’acquirente è più avvantaggiata.
Cosa fare per integrare le culture diverse? Prima cosa la lingua, investimenti in training, mischiare il personale creando opportunità di carriera nell’altra azienda.
Ovviamente fare una stima dei costi di tutto ciò che serve perché avvenga l’integrazione è un po’ difficile, anche perché nel momento in cui si valuta se effettuare l’acquisto non si conosce perfettamente in che situazione si trova l’azienda target, ed inoltre ogni azienda ha la propria cultura. E’ necessario che le persone si integrino alla nuova cultura.
Nella fase Post Deal gli attori che rimangono sono solo l’acquirente, l’acquisito e la banca che ha finanziato, tutti gli altri non ci sono più perché il contratto è già stato firmato, poi magari il gruppo si rivolge ad esperti per l’integrazione. Nella fase Post Deal la Due Diligence è terminata.
Fattori critici per il successo del Deal
- Una chiave del successo è aver fatto bene la Due Diligence, perché ci porta ad avere informazioni che altrimenti non avremmo avuto. Massimizzare il livello di informazioni giuste mi aiuta a prendere le decisioni più adeguate;
- Aver stimato bene le sinergie è un fattore di successo;
- La valutazione del rischio: ho tenuto conto di tutte le cose che potrebbero andare storte? Entro in un mondo che non conosco, lascio una situazione di equilibrio per entrare in una nuova situazione attraverso un operazione straordinaria che ha dei rischi, se non li ho tenuti tutti in considerazione questo rischia di impattare sul successo dell’operazione;
- La comunicazione;
- La pianificazione integrazione;
- Management team;
- Gestione “identità culturali”.
- La Transaction Chain
Strategic Analysis
Devo avere una strategia in testa di quello che voglio fare, questo mi porta ad identificare i target che possono consentirmi di realizzarla.
Se il compratore è un Corporate si vanno a guardare i costi e i ricavi, quali sono stati e quali saranno. Si acquista perché si ha bisogno di crescere in fatturato e in profitto, perché il valore delle azioni in borsa dipende dalla prospettiva dei dividendi, la quale proviene da quali saranno i miei profitti futuri. Gli indicatori chiave sono: crescita dei fatturati e la crescita dei margini.
La crescita può essere organica: quando riesco a crescere in modo organico, perché aggredisco da solo i miei ricavi, aumento il mio fatturato, la mia quota di mercato, quindi vendo di più, il margine cresce organicamente quando riesco ad aumentare i ricavi aumentando i costi in modo meno proporzionale. Se tutto questo nel pre-term non riesco a farlo da solo, ma ho bisogno di far vedere le prospettive di crescita mi do da fare con la crescita inorganica, comincio a comprare pezzi di roba e se compro, il mercato cresce e cresce il mio profitto.
Dunque una corporate nella valutazione del proprio target di investimento osserverà:
- Sinergie su costi;
- Sinergie su ricavi;
Necessità di crescere (borsa).
Se il compratore è un Private Equity può avere una logica diversa, quando entra pensa già a quando uscirà, entra dicendo che questa è un’azienda che posso comprare a X, facendo una serie di azioni in 2-3 anni posso uscire facendo un capital gain.
La loro attenzione sarà rivolta a:
- Ritorno attesto;
- Tempi e strategia di uscita;
- Dimensione e mercato;
- Management.
Initial Value Assestment
Si comincia a stimare un range di prezzo, quanto vale il target, quanto sono disposto a pagare. Devo ovviamente aver valutato il settore, va capito innanzitutto il livello di conoscenza delle dinamiche del settore. L’acquirente potrebbe conoscere molto bene il settore oppure no, quindi lo deve studiare: caratteristiche, pericoli, sostenibilità. In seguito deve poi misurare livello di concorrenza, resistenze di barriere all’entrata, resistenze di barriere di uscita, possibilità di crescita del settore.
La Due Diligence non prevede di determinare il valore, la determinazione del valore che qui è esemplificata come: Discounted Cash Flow (DCF) – multipli per valutazione, è un’attività che prescinde dalla Due Diligence, le parti infatti a volte se lo fanno da sole, per altre invece servono professionisti che non sono però quelli che fanno la Due Diligence.
Per il DCF si prende il piano pluriennale Cash Flow futuro, mentre per i multipli, se la società target ha dei comparables cioè società simili, si va a vedere il rapporto tra alcuni indicatori chiave che possono essere l’EBITDA e il fatturato rispetto alla capitalizzazione di borsa.
Esempio: ho un’azienda in borsa 900 con EBITDA 10 vuol dire che il moltiplicatore di EBITDA è 10, se ha un fatturato di 50 vuol dire che ha un moltiplicatore di fatturato uguale a 2.
La Due Diligence non determina un valore, il valore lo determina un professionista diverso, i miei piani di valore sono per i multipli l’EBITDA per il DCF tutte le grandezze che vanno a determinare il Cash Flow di un anno, quindi a partire dall’EBITDA alla variazione del circolante netto.
La Due Diligence non fa la perizia del valore, lo scopo della Due Diligence è capire quale è l’EBITDA giusto del target, il fatturato giusto e le altre grandezze, che influenzano il valore, quanto possono essere aggiustate. La Due Diligence va a dare all’acquirente una serie di informazioni aggiuntive che altrimenti non avrebbe, che consentono di dire quale EBITDA, quali ricavi, quale capitale circolante netto devo usare.
Esempio: l’azienda ha ricavi 10, quindi moltiplicatore di 10 da un valore di 100, se dalla Due Diligence esce fuori che quell’azienda non rifarà quei ricavi (sostenibilità, ripetitività, ripetibilità) ma farà massimo un EBITDA di 7, ecco perché l’acquirente spende volentieri i soldi per la Due Diligence, perché permette di dire: se l’EBITDA, le revenues che sto facendo stanno in piedi o no, può anche venir fuori che l’EBITDA è più alto, in questo caso il compratore è contento perché paga volentieri 100 una cosa che vale 110, poi però si deve chiedere prima di firmare, perché per il venditore vale meno.
La Due Diligence serve per dare al compratore maggiore informazioni sui parametri che qualcun’altro ha usato per calcolare il valore.
Pre-bid
Prima che l’azienda target apra il suo mondo deve essere firmata una lettera di intenti dove le parti assumono degli impegni ad esempio quello della riservatezza, altra cosa da guardare sono tax structuring che potrebbero essere indicatori di come fare: mi compro l’azienda? compro le azioni? oppure al venditore gli faccio creare una nuova società dove ci conferisce un business e poi mi compro la società nuova. Sono tutte considerazioni di natura pratica, al livello di Due Diligence cambia poco, perché il business è sempre quello. L’impresa target fornirà informaizoni selezionate attraverso il data-room, management presentation o il vendor Due Diligence.
Si avrà dunque una prima offerta, probabilmente non vincolante, cui seguiranno altre più vincolanti anche a seguito dell’ottenimento di maggiori nuove informazioni.
Full access
L’azienda target è in vendita, ma non ancora venduta e quindi tende ad aprirsi il meno possibile, più il Deal va avanti ed entra in una fase cruciale, più l’azienda target tende ad aprirsi e ovviamente tutto ciò cambia da situazione a situazione. La Due Diligence a quel punto viene misurata in base a chi è il compratore e chi è il venditore. È evidente che cambia molto se io sto comprando un’azienda che è nel settore in cui lavoro infatti avrò bisogno di un certo profilo di Due Diligence, se invece è fuori dal mio settore avrò bisogno di un’altra Due Diligence.
Completion
Si ha la predisposizione ed esecuzione del contratto, con la determinazione del prezzo di compravendita.
Si apre il mondo del post deal dove ci sono varie situazioni, ci può essere un closing audit perché c’è un aggiustamento di prezzo che è stato fissato successivamente, un’assistenza contrattuale, un post acquisition-integration, un’assistenza nel trovare il management.
Nell’ottica di una società di consulenza, nel momento in cui finisce la Due Diligence si apre tutta la fase di post deal, dove gli attori cambiano.
Ipotizziamo che il Deal si fa, il proprietario diventa quello che era il cliente della società di consulenza, quindi per questa si apre una nuova fase, la Due Diligence è terminata, ora l’azienda avrà bisogno della revisione, cambiano le persone e queste vanno a fare l’Audit, sono due servizi separati. La Due Diligence deve essere indipendente, la società di revisione ha una serie di regole di indipendenza, la Due Diligence non è un bilancio ma comunque è necessaria l’integrità di un professionista che fa la Due Diligence, infatti è fondamentale perché spinga a guardare le cose in modo dritto. La Due Diligence è un’attività di investigazione, lo scopo è quello di trovare findings, ma questi devono essere oggettivi e documentati. Bisogna essere credibili, se si è credibili si riesce ad avere tra i clienti anche i venditori, i quali al momento non hanno acquirenti potenziali, ma vogliono fare una Due Diligence tirando così fuori le criticità, così sanno cosa dovranno affrontare quando un potenziale acquirente la vorrà fare, ed inoltre quando si presenteranno agli acquirenti non si presenteranno sulla loro parola, ma avendo già fatto fare una Due Diligence.