La sicurezza alimentare può essere usata facendo riferimento agli aspetti di salute degli alimenti (food safety) o alle questioni politiche-economiche degli approvvigionamenti (food security).
Sicurezza alimentare vuol dire che il problema assume caratteristiche differenti a seconda del livello di sviluppo dell’economia (paesi sviluppati o in via di sviluppo): accesso per tutti a cibo per una vita attiva e sana.
Occorre soffermarsi sul livello adeguato dell’offerta, che può essere ridotta da eventi negativi che influiscono sul ciclo di produzione e dipendenti dalle condizioni ambientali, ma anche da eventi connessi all’azione dell’uomo come i conflitti.
Occorre tener conto della domanda di beni alimentari effettiva, legata al reddito dei consumatori.
Sicurezza alimentare significa disponibilità di alimenti in quantità sufficienti rispetto ai volumi di popolazione da servire e connessa al raggiungimento di previsti stili alimentari e nutrizionali; di qualità idonea ad una corretta alimentazione (domanda di alimenti soddisfatta con la produzione interna, le importazioni e l’aiuto alimentare nei casi di crisi).
Sicurezza alimentare significa accesso sufficiente e sicuro al cibo, con risorse, mezzi e capacità di produrre, acquistare, barattare, dare e ricevere in dono e con una capacità organizzativa che molte delle aree in via di sviluppo non conoscono.
Un problema che molti paesi devono affrontare è l’utilizzo di cibo, in condizioni di igiene adeguata.
Ciò deve avvenire promuovendo la stabilità nel tempo di disponibilità, accesso e utilizzo.
Nei casi in cui si ha un inadeguato accesso al cibo di natura strutturale è necessario intervenire sostenendo lo sviluppo agricolo ed economico.
Occorre rimuovere le condizioni di povertà che impediscono l’accesso al cibo con programmi di sviluppo e di emergenza.
Quando la carenza di cibo è legata a fluttuazioni dei prezzi e della produzione, a riduzioni transitorie dei livelli di reddito, ad eventi climatici avversi o a catastrofi naturali si farà ricorso a misure a sostegno di gruppi sociali più deboli, (disoccupati), o a misure di stabilizzazione dell’offerta e dei prezzi.
Le politiche di sicurezza alimentare debbono agire sulle capacità di produrre, importare, stoccare cibo secondo le richieste dei consumatori il che si traduce in interventi tecnologici e in formazione degli operatori.
Obiettivo di una politica adeguata è garantire autonomia, il che non implica autosufficienza alimentare, che riduca la vulnerabilità ai fattori di instabilità sul mercato internazionale.
Se un obiettivo è garantire lo sviluppo di una produzione sufficiente a coprire i fabbisogni di alimentazione di aree in difficoltà, questo non può aver luogo a scapito delle condizioni di equilibrio ambientale.
Equità: diritto di accesso agli alimenti senza distinzione di reddito o genere.
Secondo le stime più recenti della FAO, pur registrandosi alcuni miglioramenti mondiali, il numero delle persone denutrite è 800 mln.
L’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e la crisi economica e finanziaria globale hanno colpito i più vulnerabili: più poveri, famiglie che non hanno terra.
All’origine della fame c’è la povertà.
E’ vero anche il contrario e cioè la fame porta povertà, ma anche impedisce lo sviluppo sociale e culturale di un paese: i bambini denutriti sono minati nella salute e nelle capacità intellettive, difficilmente riescono ad avere una formazione scolastica elementare.
Cause dell’insicurezza alimentare sono quelle ambientali che minano i livelli di produzione, che sono colpiti anche dal consumo di superfici agricole a fronte della necessità di aree coltivabili più estese.
C’è un nuovo interesse per un uso della terra differente, competizione crescente nell’uso della terra per non produrre alimenti ma biocombustibili.
Il land grabbing (causa di insicurezza alimentare) è l’accaparramento di terre per la produzione di beni agricoli non sempre destinati all’alimentazione e sottratti alle popolazioni insediate in quei territori.
Gli scienziati riconoscono il cambiamento climatico come causa del ripetersi di eventi estremi che colpiscono la disponibilità di risorse alimentari.
La malattia incide sulle possibilità di crescita e sviluppo di un paese, avendo effetti negativi a livello di famiglia, comunità locale, riducendo i tassi di attività e le opportunità di lavoro, ma anche di paese intero, distraendo risorse che potrebbero essere destinate a investimenti e sviluppo.
Ci sono connessioni tra produzione agricola, fame e povertà.
La gran parte della popolazione povera mondiale vive nelle aree rurali di paesi in ritardo di sviluppo dipendendo dall’agricoltura.
Sono produzioni agricole destinate all’autoconsumo e falcidiabili da fenomeni climatici avversi con effetti disastrosi.
Sull’insicurezza ci sono poi carenze di infrastrutture, difficoltà di accesso ai mercati e tecnologie, bassa istruzione, inesistenti poteri contrattuali, difficoltà di accesso alle risorse naturali come l’acqua.
La soluzione è l’uso delle produzioni, con attenzione ai piccoli produttori.
Accanto al problema della quantità di produzione incrementabile si ha quello dell’accesso al cibo e la necessità di inserire la questione della dipendenza alimentare nel commercio mondiale in relazione alla solvibilità dei paesi.
L’instabilità dei prezzi delle derrate alimentari è amplificata da misure di politica economica che isolano il mercato interno.
Tassi di cambio mantenuti alti in modo artificiale disincentivano le esportazioni e favoriscono le importazioni di beni alimentari, causando cambiamenti strutturali delle preferenze dei consumatori locali e danneggiando l’agricoltura locale.
Ha influenza sui prezzi il debito estero, ingente per i paesi dell’Africa sub sahariana, che ha effetti gravi sulla bilancia agricola e commerciale, riducendo la capacità di importare beni alimentari e sul potenziale di sviluppo del settore agricolo e dell’economia.
Il debito estero rilevante agisce sui tassi d’interesse e sugli investimenti, nel caso in cui i governi interessati debbano ricorrere all’indebitamento sul mercato interno per far fronte agli impegni internazionali, ma anche sulla spesa pubblica destinata a finanziare servizi ed infrastrutture di importanza essenziale in aree rurali o economicamente e politicamente “deboli”.
C’è poi l’impatto sull’efficacia degli aiuti internazionali, destinati a ripianare i debiti contratti.
I mezzi per eliminare la fame e la denutrizione sono disponibili, ma manca la volontà politica di risolvere il problema.
Implicherebbe una riforma del sistema economico e sociale che non sempre le lobbies condividono.
La sottonutrizione non può essere risolta con interventi tecnici: incrementare la produttività di alcune colture non significa impiegare più fertilizzanti.
Occorre migliorare l’efficacia dell’aiuto alimentare più attenzione alla qualità delle strutture sociali e politiche del paese beneficiario, ma anche migliorare le condizioni dei paesi più poveri che necessitano di infrastrutture e di governi equi e democratici; e ricercare una maggior giustizia sociale ed equità nella ripartizione delle ricchezze del pianeta.
L’aiuto alimentare è parte dell’aiuto allo sviluppo e si articola in più strumenti quali donazioni in forma di derrate alimentari dai paesi che hanno sovrapproduzioni (aiuto d’emergenza), donazioni in denaro per l’acquisto di beni alimentari o vendita di prodotti alimentari a credito.
L’intervento di aiuto alimentare deve essere valutato in termini di impatto sulle economie in quanto incide sui prezzi delle derrate alimentari e sull’equilibrio dei mercati locali, genera dipendenza del paese beneficiario dal donatore, può modificare le abitudini alimentari delle comunità destinatarie.
L’intervento in condizioni di emergenza è indispensabile anche per evitare la riduzione della capacità produttiva nei paesi colpiti, si pensi la vendita di bestiame.
Alle questioni della sicurezza alimentare occorre guardare tenendo conto della crescita della domanda per fenomeni macroeconomici globali quali l’aumento demografico e dei redditi, i fenomeni di abbandono delle campagne e urbanizzazione.
Non può essere trascurato l’aumento della domanda di energia, acqua e suoli anche in relazione allo sviluppo del settore dei biocarburanti che sottrae l’attenzione alla produzione di beni alimentari a vantaggio di altre produzioni.
Tutto ciò influisce sulla riduzione delle scorte, generando fenomeni speculativi sui mercati internazionali.
Un’analisi degli effetti delle politiche di controllo dell’insicurezza deve mettere a confronto costi/benefici, winners/losers, vincitori e sconfitti, chi guadagna e chi perde dalle politiche.
I beneficiari sono sul versante della domanda, sono gli strati sociali della povertà, con effetti nel breve e nel lungo termine.
Sul lato domanda, i losers sono famiglie povere e paesi a basso reddito.
Beneficiano delle politiche di aiuto alimentare i paesi a basso reddito dipendenti dall’import agricolo per la scarsità di riserve e risorse per pagare prezzi elevati.
Ma anche sul versante dell’offerta, vi sono effetti positivi e negativi.
I prezzi alti favoriscono i paesi produttori sellers e venditori anche se i prezzi alti aumentano i redditi dei produttori ma, per imprese di piccole dimensioni, volatilità implica variabilità nei redditi.
La volatilità dei prezzi sollecita decisioni non ottimali.
Le politiche di intervento pubblico, se protezionistiche, possono determinare inefficienza dei processi di distribuzione alimentare.
In passato si è avuta una riduzione degli investimenti in agricoltura e molti agricoltori nei PVS hanno difficoltà di accesso al mercato.
Il rischio che politiche commerciali volte a proteggere il mercato interno accentuano la volatilità dei prezzi.
Per prevenire, ridurre, fronteggiare la volatilità nel breve e nel lungo periodo bisognerebbe operare in un quadro di programmazione e trasparenza delle politiche ed un maggiore coordinamento internazionale.
Occorre un approfondimento caso per caso per un giudizio sugli effetti delle politiche.
Queste sono giuste/sbagliate in relazione agli obiettivi, alle situazioni specifiche (paesi, prodotti), secondo le condizioni di scambio tra assistenza e sviluppo.
Nel lungo periodo per prevenire la volatilità occorre fare investimenti in agricoltura (produttività, sostenibilità, resilienza dei sistemi produttivi vegetali e zootecnici), interventi a livello di imprese (varietà, pratiche colturali, sistemi d’irrigazione, precision farming, tecnologie di trasformazione, conservazione e stoccaggio), di sistema (infrastrutture, servizi tecnici, formazione).
Ciò richiede incremento degli investimenti pubblici (infrastrutture, reti, istituzioni), sostegno a green technologies che tengano conto dei cambiamenti climatici, uso delle risorse, suolo e acqua.
L’intervento per il controllo sullo sviluppo agricolo richiede più attenzione alla ricerca in agricoltura, pubblica, orientata verso innovazioni specifiche per paesi e prodotti, la messa a punto di azioni di trasferimento tecnologico ed interventi sulla qualità del capitale umano.
In relazione alla previsione del fatto che i prezzi dei prodotti agricoli resteranno alti e volatili anche in futuro, nel breve termine si può intervenire con politiche commerciali, reti di protezione sociale, costituzione di scorte di produzione (buffer stock) e riserve di emergenza.
Nel medio e lungo termine l’intervento per controllare gli effetti sulle economie più povere di alti prezzi dei prodotti alimentari derivano dall’incremento della produttività agricola, dall’aumento della trasparenza del mercato, da un più incisivo coordinamento delle politiche a livello internazionale.